CAPITOLO 2

        

 

Dal dopoguerra al miracolo economico

 

 

 

 

 

isaliamo ora sulla macchina del tempo e torniamo a un paio di decenni prima , anno più anno meno, e più precisamente al  16 dicembre 1922  quando  nell’abitazione dei coniugi Tiddi - Lucchini, ubicata all’epoca in terra campana , più precisamente a Benevento,  nascono i due gemellini terribili,   William e Walter.

Partorito nell’anno della marcia su Roma è già un miracolo che il piccolo Walter non fosse stato battezzato con il nome di Benito, ciò nondimeno venne certamente educato nel culto della figura del Cavalier Mussolini.

Considerato che Fernanda nasceva cinque anni prima, allo scoppiare della rivoluzione bolscevica, incuriosisce riflettere su come una coppia nata sotto tanto diversi auspici avrebbe mai potuto andare d’accordo.

Piuttosto taccagno, secchione e facilmente impressionabile ebbe però rispetto ai suoi fratelli la volontà e l’intelligenza che gli avrebbero consentito  qualche anno più tardi di laurearsi in Giurisprudenza.

Visse i primi anni nella città natale  e solo nel 1929 la famiglia si trasferì a Roma nella signorile casa del quartiere Prati.

Erano gli anni del consenso , a Roma  come nel resto d’Italia  brillava lo stellone del Duce che  apponeva la sua firma sui patti lateranensi e trionfava nel plebiscito del  24 marzo mentre a New York la borsa crollava di schianto.

I gemelli , l’uno portato per le materie umanistiche, l’altro per quelle scientifiche, si somigliavano come due gocce d’acqua , favoleggiava papà su tale  circostanza raccontando che in occasione di un paio di esami  riuscirono persino ad ingannare i professori scambiandosi le parti per superare la prova di latino e matematica. Non so se tale episodio sia realmente accaduto , comunque mi piace crederlo.

Un bel giorno, almeno per me , che altrimenti non sarei mai venuto al mondo, il giovane Walter incontrò una bella ragazza, se ne innamorò e cominciò a farle una serrata corte al limite del parossismo.

Fernanda era andata via dal paesello natio immerso tra i monti della Marsica , Pagliara dei Marsi ,  dove era nata e cresciuta, per cercare miglior fortuna a Roma.

Orfana tra orfani dopo aver lavorato in un collegio di bambini appena più piccoli di lei, aveva trovato lavoro presso un istituto religioso,  il San Michele, lì mentre le suore si occupavano dei bimbi in età scolare, alcuni giovanotti facevano da istitutori ai più grandicelli, uno di loro era il mio dotto genitore.

Chi si occupava di servire a tavola questi precettori era proprio mia madre, stando al racconto di  papà si trattò di un vero colpo di fulmine.

Il timido insegnante in fatto di donne era un vero disastro – purtroppo avrebbe  tramandato tale  rovinosa eredità al figlio minore - e  non sapendo come comportarsi per rompere il ghiaccio e attaccare bottone con la leggiadra fanciulla non trovò altro sistema se non quello di scrivere un caramelloso biglietto d’amore da  nascondere nel cestino  del pane.

Quando la giovane sparecchiò la tavola trovò la lettera e , scorse le parole che quel ragazzo di buona famiglia le aveva dedicato ,   arrossì, preferì tuttavia non  farsi illusioni, era diffidente nei confronti di quel signorino troppo al di sopra della sua condizione sociale , nei giorni seguenti evitò persino d’incrociare lo sguardo con l'ardente corteggiatore.

Le proposte indecenti del satiro di via Pompeo Magno si fecero più insistenti  e la ragazza cominciò a cedere giorno dopo giorno  al fascino di quello che sarebbe diventato il padre di cotanto latin lover. Non aveva scampo, lo sapeva, ne parlò con Suor Teresa , sua amica e confidente,    la religiosa  le consigliò di provare.

Era perduta!

Mentì spudoratamente alla madre superiore dell’istituto e ,con la scusa di andare a trovare la sorella Maria, allora residente a Tivoli, andò all’appuntamento che lo sciupafemmine del quartiere Prati le aveva dato in un parco nelle vicinanze del San Michele.

Il poveraccio al primo appuntamento rimediò una sonora buca ciò nonostante continuò a corteggiarla , tornando, testardo come un mulo più volte alla carica , finché,  durante una lunga passeggiata all’ombra del Colosseo , la pulzella, finalmente persuasa sulle reali intenzioni del suo vischioso spasimante, capitolò.

Un forte grido, “Hurrà!” ,venne giù dal cielo: eravamo noi, futura prole, che scalpitavamo nell’impazienza di venire al mondo.

Nell’anno accademico 1945-1946  Walter si  presentò all’appuntamento con la laurea   presentando una tesi su  La tutela penale del sentimento religioso , l’argomento aveva l’aria di rivelarsi piuttosto soporifero , il relatore Prof. Jannitti Piromallo Alfredo evitò così di leggerla e il 26/7/1946 gli rilasciò il dottorato.

Sulla prima pagina del volumetto rilegato la doverosa dedica del neolaureato alla  promessa sposa:

A Nanda mia che, allietando le ore buie e temperando con la sua serenità gli attimi di entusiasmo, concorse per metà al nostro primo successo con infinito affetto Walter.

La guerra era appena finita, la capitale riprendeva a vivere  , nell’ex sede del soppresso ministero delle Corporazioni si era installata la commissione alleata di controllo – già  AGM , Allied Government of Enemy Territory - è qui che il neolaureato trovò il suo primo vero impiego presso l’ufficio archivio, accanto a lui un ragazzo che diventerà uno dei suoi più cari amici, Romolo Mattiello.

Divideranno per circa un anno la stessa scrivania sistemata nel gigantesco androne posto oltre la caratteristica facciata di via Veneto all’angolo con via Molise. Nel monumentale palazzo per anni sede del ministero dell’Industria , diventato oggi ministero delle attività produttive,  affluivano centinaia di fascicoli che si occupavano di Resistenza, situazione politica e civile e ricostruzione politica ed economica , mappe e documenti dell’occupazione alleata da esaminare . Ai due amici era affidato l’importante  compito di operare un’oculata cernita di quelli da conservare e trasmettere allo Stato Italiano per quando la commissione avrebbe chiuso  i battenti e il nostro Paese sarebbe stato in grado di tornare a camminare con le proprie gambe.

Dopo il lavoro Romolo e la sua fidanzata Rita accompagnavano papà alla stazione Termini, piazza Esedra per la precisione, era quello il tradizionale luogo d’appuntamento con mia madre .

Ma anche per l’esercito d’occupazione arrivò il momento di tornare a casa , l’ottava armata lasciò la città eterna e Washington smise d’occuparsi dei fatti nostri lasciando all’assemblea costituente la scelta della forma di governo da adottare dopo la Liberazione , così la ACC si sciolse e papà perse il lavoro. 

Non gli restò che trasferirsi  a Milano dove nel frattempo aveva trovato un posto di lavoro presso le assicurazioni Generali  lasciando a malincuore la  sua morosa  a Roma . Trascorse   ancora qualche mese poi Fernanda  dovette sottoporsi ad un appendicectomia  e  preferì andare  a trascorrere la convalescenza a Tivoli ospite di zia Maria e zio Gino.

Il focoso spasimante, sempre più impaziente  , aveva ormai deciso di saltare il fosso   ma  prima di appendere i preservativi al chiodo volle   raggiungerla  nella maleodorante cittadina laziale per conoscere i suoi parenti più cari , questi ricambiarono quella curiosa invadenza con uno di quei pranzi tipicamente abruzzesi, abbondanti genuini e innaffiati da buon vino e cortesia.

Quel saltapicchio mingherlino, tutto nervi e carattere, piacque moltissimo ai due che, approvata la scelta della congiunta , diedero la loro benedizione all’unione . Intendiamoci: non che mia madre ne sentisse il bisogno.

Rimessasi dopo l’intervento Ferandella sarebbe dovuta tornare al lavoro  ma non ne ebbe il modo , il promesso sposo non perse altro tempo e nel giro di pochi mesi la condusse all’altare.

Il 24 aprile 1948 in Assisi i due convolarono a giuste nozze , pochi giorni prima, il 18 aprile, le elezioni politiche avevano decretato la vittoria della Democrazia Cristiana di De Gasperi ,  zio Gino e il piccolo Lello gli invitati della sposa  - zia Maria non andò perché aveva Mimmi di appena sei mesi - zio William e zia Adriana quelli dello sposo.

Gino aveva con sé una valigia piena di fettuccine, abbacchio e buon vino: il pranzo di nozze. Nessun abito da cerimonia ,un sobrio tailleur per lei, il vestito  delle feste per lui. I genitori di lei parteciparono alla cerimonia dal Paradiso, quelli di lui rimasero a casa, nonno Caio avrebbe voluto esserci ma l’acidula consorte  non aveva voluto  sentir ragioni e ,ancora una volta, per il quieto vivere preferì rinunciare anche lui.

Il viaggio di nozze non ebbero né il tempo né i quattrini per farlo.

Cominciò così   l’  avventura dei coniugi Tiddi-Bellizi , un  legame  indissolubile che li vedrà  affrontare insieme un lungo cammino irto di tribolazioni e difficoltà non scevro comunque da  una certa dose di soddisfazioni , più o meno una ogni quattro anni  .

I due  impiegheranno però ben nove anni prima di mettere a segno  il loro colpo migliore  , fornendo l’uno seme di prima qualità, l’altra  un ovulo di gran classe genereranno nell’aprile del ‘57 il genio del millennio , ma diamo tempo al tempo.

Dopo la liberazione il centro vitale della ripresa economica è Milano e proprio nel capoluogo lombardo Walter  trova un  lavoro presso le assicurazioni Generali grazie ai buoni uffici di papà Caio.

Comincia la sua carriera come impiegato all’ufficio arretrati , da allora quello sarà il suo destino: in un modo o nell’altro correre dietro agli assicurati  che non vogliono pagare i premi o far causa alle assicurazioni che non intendono risarcire i danni.

Proviamo ora a disegnare uno spaccato di quell’Italia con le pezze al culo appena uscita malconcia dalla guerra.

Nelle città si coabita a causa della penuria di alloggi, le giacche si rivoltano infinite volte e i cappotti vengono cuciti con le coperte militari alleate tinte di marrone per far sparire i gradi e le mostrine.

Al governo Parri, il primo dopo la liberazione, segue il I° Governo De Gasperi, proprio l’uomo di punta della Democrazia Cristiana, insieme a Nenni e Togliatti muove le fila della ricostruzione.

Sulle macerie dei bombardamenti si comincia a rimettere mattone su mattone, all’orizzonte s’affaccia il neorealismo di Roberto Rossellini di “Roma città aperta”.

Si scioglie il Partito d’Azione , l’Italia va alle urne, il 2 giugno1946 sceglie la Repubblica al compromesso regime monarchico. Il re di maggio parte per l’esilio, gli succede sul trono repubblicano Enrico De Nicola, mentre De Gasperi continua a mietere quei successi che lo manterranno al governo, sia pure in diversi rimpasti di gabinetto,  fino al luglio del 1953,dopo il suo ottavo governo, poco prima della sua morte.

Gli abitanti delle grandi città  tornano a fare la villeggiatura.

L’idroscalo di Milano è la meta delle vacanze dei  miei genitori in quei primi anni di matrimonio, Varedo è infatti la località a trenta chilometri da Milano dove mettono su casa, una camera ammobiliata di una villetta di proprietà di una vedova.

Walter guadagna 21.000 lire al mese e 8.500  se ne vanno in un baleno per l’affitto, di lì a poco oltretutto la coppia sarà  costretta a fare le valigie : Piero sta per nascere e la padrona di casa, appena saputo della cicogna in arrivo , intima lo sfratto ai due languidi sposini.

E già, Walteruccio e Nandina si mettono subito  al lavoro e il 25 gennaio 1949 la trentaduenne Fernandella – non certo una ragazzina di primo pelo - da alla luce  in una gelida Milano   il primo dei suoi gioielli : l’inesperienza non aiuta , la nebbia fa il resto e il risultato è quello che tutti possono vedere sbirciando tra le imposte di via Tembien 15.

E’ la prova generale,  con il secondo aggiustano il tiro ma esagerano in fase di allungo ,  con il quarto infine , considerando la terza un tragico incidente di percorso , chiudono il cerchio portando a termine  l’ indiscusso capolavoro.

All’inizio il primogenito sembra essere un bel bambino , ma purtroppo si tratta di semplici allucinazioni dovute con ogni probabilità all’endemica  malnutrizione del periodo  , col tempo infatti l’evidenza salta agli occhi  , la coppia vacilla, la tentazione di legarlo ad una pietra miliare lungo la consolare  e svignarsela sembra prendere il sopravvento , poi , consapevole del fatto che si tratta pur sempre di sangue del proprio sangue,   decide di tenerlo.

Dopo la nascita di Piero i miei fanno fagotto e lasciata Varedo si stabiliscono in città ,  un piccolo sottotetto in Piazza Cordusio di fronte agli uffici delle Assicurazioni Generali , il fabbricato è lo stesso dove lavora il capo famiglia.

L’appartamentino è privo di gabinetto ,per andare in bagno occorre attraversare un lungo corridoio e aspettare che si liberi perché sullo stesso piano abita anche la famiglia Tonolini e un giovanotto trasferitosi nel capoluogo lombardo per motivi di studio.

La domenica sera il novello padre di famiglia  per integrare il magro salario  si reca al Totocalcio per lo spoglio delle schedine ,  spesso rincasa tardi, la consorte , sola nell’oscurità di un freddo abbaino in cima a quell’anonimo e spettrale palazzone , stringe forte il suo Pierino cercando di vincere la paura e dormire un poco, poi  scosta la copertina dal viso della sua creatura, la osserva attentamente e fugge terrorizzata in cerca di aiuto.

La fitta nebbia che avvolge la metropoli meneghina  tende , è vero, a celare gli sgraziati – e dico poco - lineamenti del piccolo,  rende tuttavia ancor più sinistri quei lunghi inverni ,  così Walter si da da fare – da da?  Bruttino.  E’ vero . Vedete un po’ voi se trovate qualcosa di meglio – per traslocare e chiede ed ottiene dall’Ina - casa come dipendente del Leone di Trieste un nuovo alloggio in locazione.

Il 27 febbraio del 1951 viene finalmente invitato a scegliere l’appartamento e il 2 marzo successivo gli viene assegnato quello di via Diomede 30.

Di lì a poco però Caio -  che di nascosto dalla moglie continua ad aiutare figlio, nuora e nipotino   -  riesce a far trasferire Walter all’ombra del Cupolone , adesso  occorre far presto ad affittare la casa di via Diomede , prima di tornare nella capitale per trovare una nuova dimora.

Tra papà e l’Ina - casa inizia a questo punto  una sorta di querelle , la società proprietaria dell'immobile tenta infatti d'impedirgli di affittare l’appartamento accusandolo di speculazione , una fitta corrispondenza intercorre tra le due parti in conflitto ,  alla fine dei giochi sarà il dott. Tiddi a spuntarla e tramite il caro amico Rino,  un collega di lavoro, riuscirà a locare l'appartamento ammobiliato al sig. Aristide Vignaga per un canone di 20.000 lire al mese , allo stesso sarà venduta per 5.000 lire anche la famosa biciclètta del piccolo Piero.

Nel frattempo la famigliola  varca  l’Appennino e prende a pigione dalla signora Teresa Grillo in Di Vincenzo , per 8.000 lire al mese,  un nuovo alloggio in Trastevere ,  al civico 14 di via Garibaldi . E’ il 1 agosto 1952 , l’abitazione è composta da tre camere, un ingresso la cucina e il gabinetto al secondo piano interno 11.

La famiglia Tiddi comincia a passarsela un po’ meglio e il patriarca indiscusso del clan ad intraprendere una brillante  carriera, anche se per lavoro è spesso costretto a vagabondare tra l’Abruzzo e l’Umbria.

Il lavoro comincia a piacergli, un po’ meno alla consorte che spesso resta sola ma almeno non è più costretta ad aspettare il ritorno del marito nel gelo e nell’oscurità  di via Cordusio .

Nella nuova casa nasce il giorno 11 maggio del 1953 Paolo.

Il caso vuole che in quello stesso giorno venga inaugurato con fuochi d’artificio e grandi feste l’Olimpico,  il nuovo stadio ristrutturato della capitale futura cattedrale del tifo giallorosso.

E’ bene puntualizzare che i due coniugi non aspettano affatto Paolo  ma  Aurora , se è vero come è vero che l’amico Milani scrive quattro giorni dopo il lieto evento, non avendo evidentemente ancora avuto la buona novella:

“la mia cara Bice sta terminando i due corpettini per Aurora e in questi giorni te li faremo avere con pacchettino postale. Fai alla tua Nanda tutti i nostri più cari e affettuosi auguri per un parto sano e felice che porti nuova gioia e serenità alla tua famiglia e che Pierino e Aurora siano la vostra consolazione e la gioia della vostra vita.

Le premesse non sono tali da consentire alla coppia di nutrire grandi speranze sulla riuscita del nuovo prodotto eppure il nuovo arrivato, anche se fornito di un pistolino dalle dimensioni piuttosto ridotte    diventa ben presto il cocco di papà , forse in virtù del fatto che , meno piagnone del fratello, si dimostra più disposto a girare l’Italia insieme all’impavido genitore  croce e delizia delle varie amministrazioni comunali del centro sud ma soprattutto  affezionato cliente degli incorruttibili pizzardoni dell' urbe.

A questo proposito permettetemi di fare un balzo in  avanti di una trentina d’anni .  Ahiò! La mia povera schiena!

Sintomatiche della scarsa attenzione prestata dall’avvocato Tiddi  al codice della strada le condizioni del paraurti del leggendario Cinquecento nero, che, parcheggiato invariabilmente sotto casa e appoggiato a un alberello nel periodo a cavallo tra la seconda  metà degli anni settanta e il tramonto degli anni ottanta,  finirà  per assumerne i precisi contorni: il culo dell’auto ovviamente sporgeva , la multa pertanto era  sempre in agguato.

In questo caso c’era  poco da discutere l’incauto automobilista non poteva che metter mano al portafogli e pagare , diverso era viceversa l’atteggiamento del nostro Nuvolari dell’africano quando, pizzicato in acrobatiche conversioni ad U o sorpreso a passare con il rosso – non ravvisava soverchie differenze tra un semaforo e un albero di Natale – si vedeva recapitare dal postino o dall’ufficiale giudiziario si turno tonnellate di contravvenzioni.

Mostrando una spiccata originalità  nell’interpretazione delle leggi sosteneva   -  anticipando  in questo il celebre assunto  di  Vujadin Boscov  Rigore è quando arbitro fischia!” -  che “ Multa è quando vigile fischia!”, munito  pertanto di  foglio extra-strong, carta velina, carta carbone –rigorosamente riciclata -  e olivetti 32 sedeva  alla sua scrivania e compilava l’immancabile ricorso da spedire in Prefettura:

Questa la lettera tipo:

Il sottoscritto Tiddi Walter abitante a Roma, Piazza Gondar 14, proprietario dell’autovettura Fiat 500 targata Roma E99978, chiede l’annullamento del verbale n. … redatto il ...  e allegato in originale in quanto l’agente operante non ha specificato i motivi per i quali non ha intimato l’ALT al conducente ai sensi dell’art.141 C.S.

Le sanzioni pecuniarie, il cui importo era nel frattempo raddoppiato, diventavano così un titolo esecutivo che  l’oppositore  era regolarmente  costretto a pagare , ciò nonostante l’ Avvo  non abbandonerà mai tale  bislacca pratica.

Gli ultimi verbali arriveranno a grappoli dopo la sua morte  prontamente saldate dagli increduli eredi. 

E’ di questi giorni la notizia che un prefetto ha accolto il ricorso di un suo emulo che si è rifiutato di pagare una contravvenzione perché non è stato fermato dal pizzardone :  che  precursore mio padre! Incredibile.  Ha sempre avuto ragione lui !

Ma torniamo ai favolosi anni cinquanta, proprio in quegli anni il nostro provetto guidatore  acquista la prima fiammante utilitaria ad uso e consumo della famigliola , una magnifica giardinetta verde e nera orgoglio e vanto di casa Tiddi , nel frattempo scade però il contratto d’affitto di via Garibaldi e i nostri eroi  sono di nuovo costretti a fare le valigie .

Il 28 marzo dell’anno del Signore 1955 firmano una montagna di cambiali  al commendator Vittorio Miconi per comprare  l’appartamento di via Gaetano Capocci 24 composto da tre camere, bagno e cucina , l’acquisto verrà perfezionato il 17 aprile 1956.

La nuova casa sorge in periferia, un rione tranquillo e scarsamente popolato che diventerà in poco tempo una zona commerciale tra le più frequentate della capitale , quel quartiere africano nato ai tempi della guerra d’Africa.

In quel territorio fino a pochi anni prima  c’era stato ben poco , solo rane, campi e fossati che convergendo a piazza Annibaliano, dove c’era il cinema Trieste,  formavano una marana. 

Proseguendo s’incontrava viale Eritrea , lì nel 1932 era stato costruito , con il contributo del Vaticano , un primo lotto di  modeste abitazioni senza bagno né ascensore.

Percorrendo il lungo viale  si arrivava a piazza Santa Emerenziana , al posto della chiesa, costruita solo nel 1942 , c’era un grande prato con al centro una fontana attorniata da nugoli di galline .

Oltre la piazza cominciava viale Libia, una lunga teoria di prati fatti a buche che una volta  riempite formeranno le fondamenta delle case  in una delle quali abito oggi, le prime furono costruite  nel 1945 .

Intorno ai palazzi in costruzione di piazza Vescovio le antiche ville che costeggiano villa Ada , le casupole popolari abbattute una dopo l’altra per allargare via Salaria e gli eleganti palazzi di via di Priscilla, piazza Verbano e viale Regina Margherita.

Per prendere il primo autobus per il centro occorreva portarsi su via Nomentana e raggiungere Porta Pia , tra via Lago di Lesina e via Sirte sorgeva il mercato che nel 1935 era stato trasferito  da via Chiana , le bancarelle arrivavano fino a piazza Annibaliano,  nel 1960 sarà spostato in via Massaciuccoli e solo nel  1966 verrà edificato l’attuale mercato coperto di via Dire Daua.

Oltre viale Somalia e viale Libia il deserto , ed è  proprio in quelle lande desolate tutto prato e canneti tra il quartiere africano e quello delle Valli  , non ancora collegato dal lungo viadotto , che all’imbrunire dei ruggenti anni ‘50  gli operai della  Cooperativa Gondar lavorano alacremente.

Ci arriveremo tra breve.

Intanto da Milano l’inquilino di via Diomede , il sig. Vignaga,  si trasferisce a Bergamo e papà , grazie alla collaborazione del solito Rino Milani, riesce ad affittare di nuovo l’abitazione di via Diomede - divenuta nel frattempo via Terragni - al sig. Alberto Redi, alias Carmelo Rapisarda .

Mai decisione si dimostra più infelice , il nuovo inquilino infatti, disattento e tardivo nei pagamenti, mette a dura prova la pazienza del padrone di casa , per farsene un’idea basterebbe dare un  rapido sguardo alla pila di telegrammi di sollecito che quest'ultimo è sistematicamente costretto ad inviargli ogni fine mese.

Un importante cliente delle assicurazioni Generali con il quale Walter ha spesso contatti di lavoro è Pietro Zeppieri, razza padrona e rude proprietario di un’ autolinea extraurbana. Quest’uomo, spiccio nelle scelte e rude nei modi, avrà di lì a poco un ruolo decisivo nella carriera del giovane procuratore legale, è presto per parlarne, ci basti per ora sapere che l’imprenditore in questione dirige anche  una compagnia d’assicurazioni e ,a conoscenza delle indubbie capacità professionali del Dottor Tiddi si è messo in testa di metterlo a capo dell’ufficio sinistri .

L’allegra famigliola che fino a quel momento si è recata  in villeggiatura  a Pagliara ospite di nonna Giulia  -   sorella della povera  Aurora -  o di zia Maria, decide di acquistare una casetta in paese, è il 1955.

A dire il vero un alloggio l’hanno già adocchiato alla periferia del paese , Pagliaterra appunto, e induce in tentazione anche l’acquisto  di una villa adiacente la strada provinciale in località Fontinova per sole 600.000 lire, ma il capo famiglia  preferisce una collocazione più centrale per il villino di famiglia  e finisce per  decidere altrimenti, viene così acquistato per un costo di 40 lire al metro quadro un pezzetto di terra sotto Piazza San Salvatore  ,  su di esso con una spesa totale di 900.000 lire verrà costruita poco dopo “Villetta Fernandella”.

Nel frattempo sta maturando nel ventre di mamma quel che da insigni storici e valenti scienziati è indicato come il capolavoro indiscusso ed  irripetibile delle lascive e tempestose notti dei due focosi amanti .

Anche il sottoscritto  non è molto atteso, si desidera infatti completare la nutrita figliolanza  e chiudere definitivamente la serie con una dolce  e graziosa femminuccia che possa impreziosire il gruppo con un tocco di grazia e avvenenza , doti del tutto estranee ai due maschiacci già in formazione.

E’ il 5 aprile 1957 , un venerdì mattina , il prodigio si compie: il quartogenito di Walter Tiddi, giovane dottore in legge , e Fernanda Bellizi, zelante massaia quarantenne alla ricerca del non plus ultra  alla sua finora insoddisfatta vocazione materna , scorgendo la luce in fondo al tunnel, approfitta astutamente della situazione e della comprensibile disattenzione del personale medico teneramente distratto dalla capofila, e di soppiatto s’accoda alla sorella.

Pochi giorni prima, il 25 marzo per l’esattezza , a Roma vengono firmati i trattati istitutivi della CEE , sono i prodromi della nefasta unità economica europea che porterà  43 anni più tardi alla iattura dell’introduzione nei paesi membri della maledettissima moneta unica .

Il commento dello storico evento  – non quello appena menzionato, sto parlando della nascita  dell’autore di questo diario  - affidato all’inconfondibile verve di Nicolò Carosio terrà  incollati alla radio in quei radiosi giorni di aprile milioni e milioni di italiani.

Signori e signore  buongiorno, sono le sette del mattino di venerdì 5 aprile e nella clinica “Regina Elena” di viale Giulio Cesare in Roma, la gentile signora Fernanda sta per dare alla luce la sua creatura.

Sarà la tanto sospirata femminuccia?”

Interrompiamo un attimo la radiocronaca per puntualizzare che in realtà  il parto gemellare era già previsto, il dott. Gastone Ambesi infatti nel relazionare la radiografia effettuata dalla gestante il 25 febbraio di quell’anno annotava:

L’indagine radiografica diretta dell’addome mostra presenza di gravidanza gemellare con feti all’ottavo mese circa ben ossificati.”

La ghiotta notizia non era tuttavia trapelata perché il servizio di quello straordinario avvenimento era  stato concesso in esclusiva  alla Rai.

Torniamo ad ascoltare la voce del commentatore.

Mi sembra di udire un vagito...proviene dalla sala parto...ma sì ora è chiaro e distinto...abbiamo qui il padre, non osiamo intervistarlo è in trepidante attesa...un momento...chi sta uscendo? Ma sì è l’infermiera! Cosa dice? E’ una bambina! Evviva! Sig. Tiddi...Sig. Tiddi....macché è già lontano...raggiante. Dov’è andato? A telefonare? Ma sì certo vorrà avvertire parenti ed amici. Auguroni!

Cari ascoltatori, finalmente in casa Tiddi è nata la tanto sospirata Aurora...ma...un momento...cosa? Pazientate un momento... siamo ancora in collegamento diretto con la sala parto. Un nostro collaboratore è dentro per noi...sì ’...capisco...ti passo la linea!

Gentili ascoltatori, sembra ci siano novità passo la linea al collega.”

Buongiorno, perdonerete l’emozione, ma pare...anzi è certo! Sta per nascere un secondo bambino!

L’ostetrica sente al tatto qualcosa di duro. Sarà un maschio! Sì...sì non è affatto divertente...ma cos’è che sta venendo fuori? Cosa! Non credo ai miei occhi...un paio di occhiali! Incredibile signore e signori per ora son venuti alla luce soltanto un paio di occhialoni con lenti piuttosto spesse...ma...un istante...e adesso? Eccolo! Fa capolino...è un maschietto...un pupetto con gli occhiali!?

Tentiamo d’intervistarlo! Solo un istante...ci dica qualcosa...un commento prego…"

“Ma me volete rida’ l’occhiali! Nun vedo ‘n tubo!”

Bello, grande e grosso inforcai le lenti ,socchiusi gli occhietti becalini tentando di dare un’occhiata nei paraggi , poi, intuito un albo di Tex sul comodino,  cominciai  a sfogliarlo per leggere avidamente le palpitanti avventure dell’intrepido ranger senza macchia e senza paura meglio noto come Aquila della Notte.

Tornai a casa, questa volta fuori dalla sacca, pochi giorni dopo e, considerando che sin da allora i dicci mi stavano sulle palle, il 6 maggio feci cadere il governo Segni.

A questo punto vorrei illustrare una mia interessante teoria che spiegherà a tutti voi, e in particolare alla mia  petulante consorte   , per quale ragione non mi è possibile indossare  indumenti attillati e in particolare pantaloni aderenti che d’altra parte   renderebbero ancor più evidenti all’altezza del cavallo le mie doti da instancabile stallone. Il motivo è presto detto: mentre si galleggiava nel ventre materno, l’invadente sorellina  si era impadronita dell’intero sacco amniotico, lasciandomi relegato in un cantuccio angusto e maleodorante nei pressi della parte terminale dell’intestino.

Perciò,  cara la mia Lety, prima di lamentarti perché  sembra che io indossi gli abiti di mio fratello maggiore, rifletti attentamente e pensa alle sofferenze e al disagio di quei nove mesi in  condominio forzato.

Bando agli scherzi.

Torniamo a bomba. Boom! Mamma mia che cazzata!

Il 25 settembre di quell’anno il sig. Redi, nell'ennesima lettera di scuse dove  tenta di  giustificare il consueto  ritardo nella rimessa dell’affitto dell’appartamento meneghino , definisce me e la mia invadente compagna di viaggio “due splendidi gemelli”.  Naturalmente lo scaltro locatario  si riferisce soltanto al magnifico esemplare maschio  del parto plurimo ma preferisce estendere tale apprezzamento all’interezza della coppia non volendo fare un torto alla mia ex - coinquilina  che correrebbe il concreto rischio in caso contrario  di crescere con gravi turbe psicologiche , diretta conseguenza del trauma che fatalmente le deriverebbe  dal prendere coscienza della sua pochezza al mio confronto.

 Pericolo scongiurato per   Piero e Paolo che  hanno  già capito  con chi avranno  a che fare e rincuorati dai premurosi genitori  riescono a superare   indenni il crudele impatto con l’inconfutabile verità : era nato er mejo ! Autentico prodigio di bellezza, vigoria fisica ed intelligenza.

Ora mi sono rotto i coglioni di coniugare al presente , è impegnativo e mi tocca modificare l’intero edificio sintattico già predisposto , mi affiderò pertanto al passato remoto, tutt’al più a quello prossimo,  per raccontarvi il seguito dell’intrigante  saga familiare in versione patinata che mi vede nel ruolo dell’affascinante protagonista.   Torneremo a volgere i tempi al presente quando si tratterà di rileggere le  vicende e le pagine di storia  intersecate a questo mio  lungo racconto, insomma a contestualizzare come dicono i letterati.    Siete d’accordo?  Ok! Tanto decido io, rassegnatavi quindi a bere ancora qualche sorso di questa tisana soporifera imbevuta di cloroformio.

Tipici prodotti del benessere e del miracolo economico crescemmo come molti bambini dell’epoca  - oggi adulti disoccupati o , in casi più fortunati,  precari senza arte né parte -  divorando intere scatole di omogeneizzati e pappine al Plasmon che finivano fatalmente spalmate sui moderni pannolini  usa e getta  disperdendo nell’aria odori nauseabondi.  Belli , paffuti  e floridi ma con scarsissima attitudine alla lotta , come spesso accade ai nati nel tuorlo dell’uovo ,  io particolarmente belloccio, come d’altronde sono ancora oggi, Aurora un po’ piagnona e fija de’...,come d’altra parte è ancora oggi.

Per darvi un’idea della conflittualità insita nel nostro menage di gemellini e dell’arrogante prepotenza di mia sorella mi basterà  raccontarvi uno dei tanti episodi cui molti hanno potuto assistere osservando increduli quanto accadeva al crepuscolo degli anni cinquanta lungo il marciapiede assolato di viale Somalia .

Prima dell’ora di pranzo o dopo il riposino pomeridiano  si era soliti andare a spasso  con la mamma o con la balia a bordo del nostro passeggino biposto , ovviamente la dispotica femmina s’accomodava sul sedile di destra lasciandomi in balia dei  micidiali fumi delle auto che sfrecciavano lungo la strada , ma quel che è peggio s’impadroniva del biberon, che da contratto avremmo dovuto equamente dividere, e se lo scolava tutto lasciandomi digiuno e disperato a meditare sulle ingiustizie della vita.

Nonostante i patimenti e le prevaricazioni che da allora avrei dovuto subire il fatto veramente essenziale  fu che da allora i “doppareji “ diventarono  una solida realtà, il copione che ci avevano assegnato era ambizioso , in un primo tempo una cupa storia di solitudini parallele,  in seguito la trama avrebbe assunto i contorni di un variopinto affresco colmo di amori ardenti e briose peripezie vissute al ritmo sfrenato di un videoclip.

Ma che cazzo sto a di’? Devo aver mangiato pesante…forse le melanzana alla parmigiana con contorno di peperoni .

La produzione incontrollata di pervicaci spermatozoi tra le lenzuola del talamo nuziale rese intanto le dimensioni dell'appartamento di via Capocci non più adeguate ad ospitare la numerosa prole , ergo si prospettò  ancora una volta la necessità di traslocare .

Poco lontano stavano innalzando un nuovo edificio a due passi  dalle sponde dell’Aniene – ricordate? – là dove  il fiume  sfiora i binari della ferrovia   e solleva al mattino la bruna che lambisce oggi il fianco del viadotto delle Valli  - senti che poesia  -  è lì , al numero civico 14, che una volta terminata la costruzione, la famigliola si trasferirà poco dopo ,  la prima rata sarà pagata il 22 novembre 1958. 

Il nuovo alloggio costerà in tutto 12 milioni, finiranno di pagarlo a prezzo di duri sacrifici e indispensabili rinunce diversi anni più tardi .

Con la famiglia al completo e il nuovo appartamento si apriva intanto il nuovo decennio , trascorse l’inverno, seguì la primavera poi , nel luglio del 1960 ,  avvenne un fatto nuovo.

Trascorrevamo le vacanze estive  a Ladispoli , papà ci raggiungeva nel fine settimana e il lunedì se ne tornava in città per riprendere il lavoro.  Una mattina , rientrando a casa,  trovò ad aspettarlo nella cassetta delle poste una raccomandata delle assicurazioni Generali nella quale , per  ragioni mai chiarite, si annunciava il suo trasferimento ad altro incarico.

Una rapida scorsa alla lettera gli bastò  per capire che era già tempo di levare le tende, così,  accusato il colpo , l'impulsivo genitore non ci pensò più di tanto e preferì presentare  le formali dimissioni per emigrare  alla Torino assicurazioni.

Nel frattempo però il Commendator Pietro Zeppieri , quello scontroso imprenditore di cui abbiamo parlato qualche riga più indietro, non s’era perso d’animo e aveva perseverato nel corteggiare l'irrequieto manager nel tentativo di convincerlo ad entrare nella sua azienda stuzzicandolo con le melliflue  lusinghe di una folgorante carriera.

Il dr. Tiddi  nonostante alla Torino percepisse un lauto stipendio  non era per nulla soddisfatto del nuovo lavoro  perciò, non riuscendo ad ottenere quelle che egli considerava doverose gratifiche, liberò di nuovo la scrivania e si trasferì alla corte del padroncino reatino presso la società d’assicurazioni L’Edera anticipando  così di quarant'anni l’epoca della flessibilità nel mondo del lavoro tanto in voga al giorno d’oggi che recita più o meno :

” lavori finché mi servi, poi puoi pure andare a fare in culo.”

A quei tempi però  le cose andavano diversamente, se valevi qualcosa non avevi difficoltà a trovare in breve tempo una nuova occupazione.

Una volta all’opera  il novello dirigente organizzò l’intero ufficio sinistri, ma aveva ormai aperto le vorticose danze e dato inizio al capriccioso valzer che l’avrebbe visto congiungersi  ad una mezza dozzina    di   compagnie d'assicurazione - a dire il vero se lo litigavano  -  senza riuscire a sposarne alcuna.

Anche la collaborazione con il burbero  Zeppieri aveva d’altronde , sin dall’inizio,  i giorni contati,  minata com’era da un assoluta incompatibilità di caratteri . Se è vero infatti che il neo assunto dirigeva l’intero servizio ed era secondo soltanto al padrone delle ferriere, è altrettanto vero che il rude temperamento di quest’ultimo non era in sintonia con quello indipendente di Walter Tiddi che  se decideva di liquidare un sinistro per 60.000 lire si vedere respingere l’istanza  dall’intransigente principale convinto che ne sarebbero bastate 30.000.

Il solerte funzionario stava per abbandonare di nuovo la barca in cerca di nuovi lidi dove gettare l’ancora, ma prima di tornare alle mirabolanti peripezie della famiglia Tiddi, facciamo un passo indietro e diamo un’occhiata a quel che era avvenuto nel frattempo in Italia.

Diversi avvenimenti avevano segnato a caratteri ora cupi ora rosa i contorni di una nazione che rinasceva dalle ceneri della guerra, elenchiamo ora quelli che più di altri caratterizzarono quei giorni.