Capitolo 13

 

Amori in vendita

 

 

 

 

Quando il mattino seguente si svegliò il sole era già alto, si avvicinò alla finestra, la strada era già piena di gente, il cicaleccio ininterrotto delle comari e i profumi  del mercato  all’angolo si diffondevano  nell’aria mentre  i colori di frutta e verdura dipingevano un inedito paesaggio.

Si sciacquò il viso , calzò i grossi scarponi e , indossata la solita giacca, chiuse dietro di se la porta della stanza e scese le scale che portavano in basso.

Passando di fronte al portiere ancora appisolato finì di svegliarlo posando rumorosamente le chiavi sul banco, e mentre quello,  snocciolando il solito repertorio di contumelie  , tentava di sistemare le stanghette degli occhiali appannati sulle orecchie , uscì sulla piazzetta.

Cercò di orientarsi poi, imboccata la viuzza percorsa la notte precedente , si diresse verso il lungo viale che conduceva alla latteria nei pressi della stazione dove aveva incontrato Bianca, gli alberi erano tutti allineati in due file ordinate, ognuna su un lato della strada.

Al banco il gestore strofinava con un  cencio sudicio il bordo delle tazzine da caffè appena lavate , il locale era già pieno , ai tavoli  gli avventori della sera precedente.

Appoggiato al bancone un signore di mezza età, distinto e ben vestito,  tracannava allegramente un bicchiere di bianco  conversando con un giovanotto biondo che indossava un curioso maglione rosso a righe orizzontali bianche e blu e tentava inutilmente di convincere l’interlocutore delle sue buone ragioni. Ma l’uomo non era convinto. “Ascoltami bene!” Gli suggeriva  appoggiandogli la mano sulla  spalla .“Quella non è pane per i tuoi denti. Da retta ad un esperto! Le donne sono la nostra rovina. Dedica piuttosto le tue attenzioni ad un vinello sincero come questo. Non ti tradirà mai!”

Al tavolo in fondo alla sala quattro omaccioni discutevano animatamente stringendo in pugno tre carte ciascuno, la barba lunga, l’alito puzzolente e le bottiglie vuote con le etichette arrotolate che languivano sopra una sedia vuota assediate da un nugolo di mosche intontite,testimoniavano che dovevano essere lì da un pezzo, probabilmente avevano trascorso a quel tavolo , giocando e bevendo,   tutta  la notte.

Finalmente Gabriele , che annotava attentamente le fisionomie di ognuno soppesandone ogni tratto   , notò , seduto accanto al pilastro centrale del locale ,  un uomo anziano che aveva visto la sera prima . La schiena era curva , lo sguardo stanco. Sembrava assorto in chissà quali pensieri , teneva le dita ai bordi degli occhi  socchiusi , seguendo con i polpastrelli la linea del naso fino a sfiorare i folti baffi che gli nascondevano le labbra.

Gli si avvicinò.

“Perdonate signore!”

“Dite pure.”Rispose l’altro alzando lentamente lo sguardo e appoggiando la mano sul tavolino. Poi, riconosciuto Gabriele, spalancò gli occhi e ammutolì.

“Voi eravate qui ieri sera vero?”Continuò il ragazzo.

 “Sì...è vero...ma cosa avrei potuto fare io?”Tentò di giustificarsi.

“Non dovete preoccuparvi, non ho niente da rimproverarvi, volevo solo sapere se conoscete quella ragazza.”

“No , non la conosco .Non conosco nessuno io .”Si affrettò a precisare l’inquisito alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso l’uscita.

“Non ve ne andate!”Minacciò Gabriele  afferrandolo per un braccio.

“Se sapete qualcosa dovete dirmelo! Dove posso trovarla?”

L’uomo lo guardò in volto, capì dai suoi occhi che nulla avrebbe potuto dissuaderlo dal suo proposito, tornò a sedere e gli indicò la via più breve per raggiungere il bordello.Il ragazzo lo ringraziò e senza perdere altro tempo uscì dal locale affrettando il passo nella direzione indicatagli.

Le piazze cominciavano a brulicare di gente , nelle strade un brusio indistinto e il vocio dei bambini che scorrazzavano lungo il marciapiede magari dietro al tonfo di un pallone .  Avvenenti signore accompagnate da mariti gelosi, spesso più anziani, sfoggiavano abiti eleganti e gioielli preziosi , alcune spingevano le carrozzine con i più piccoli . Al loro fianco donne sfiorite , semplicemente vestite, sfinite dalla veglia notturna , tenevano per mano i figli più grandi, sempre comunque  quelli degli altri . Per strada c’era una grande animazione di carri, carretti e venditori ambulanti che s’accalcavano e gesticolavano , paonazzi per lo sforzo,  cercando di vendere i loro prodotti ai passanti.

Gabriele restò sbalordito da tanta ressa e solo quando percepì in lontananza il suono argentino delle campane di Santa Maria Maggiore capì che tutta quella gente si stava recando in chiesa per la funzione mattutina.

Il tram scorreva rapido sulle rotaie e le auto al piccolo trotto sfioravano il pacioso incedere d’intere famiglie . Intento ad osservare quel nuovo mondo il nostro amico passò davanti al civico indicatogli , solo dopo qualche minuto , accortosi d’averlo superato , tornò sui suoi passi .

La palazzina dipinta di rosa che ospitava il bordello era circondata da un muro alto non meno di dieci metri . Sulla facciata esterna  si sbizzarrivano piccole sculture, fregi e capitelli dalle ampie volute , colonnine in marmo incorniciavano le finestre con inferriate velate da eleganti tendine messe a bella posta per tenere lontano le rasoiate del sole appena sveglio e la curiosità dei guardoni.

Il ragazzo salì rapidamente le scale che conducevano al portone e suonò il campanello, l’uscio si dischiuse, ad accoglierlo un ometto magro dai modi leziosi e dall’aspetto effeminato che lo fece entrare nel salone a piano terra.

Era mattina , all’interno non c’erano gli abituali clienti ma solo un gruppetto di ragazzacci, probabilmente studenti , che tra intensi profumi e penetranti aromi di lisoformio vivevano l’illusione di un amore a tassametro. Le ragazze mezze nude aspettavano che qualcuno le scegliesse, alcune di loro , le più sfacciate, si avvicinavano ai clienti e , passandosi la lingua sulle labbra o facendo ballonzolare le mammelle sgusciate fuori dai rigidi corsetti attillati , sedevano sulle ginocchia dei più smaliziati. Lanciavano gridolini, ridevano per un nonnulla , emettevano languidi sospiri.

 Non tutti però si trovavano lì per consumare , c’era anche chi era andato soltanto per curiosare , spiare le pensionanti seminude o respirare semplicemente l’aria del peccato e dell’amore mercificato.

Sembrava un postribolo di lusso , due grandi lanterne ricoperte di uno spesso strato di unto illuminavano la cassa dove sedeva la tenutaria che riscuoteva la marchetta e chiedeva i documenti ai novellini. Era una bella donna , non più giovanissima,  coperta solo di veli e piume di struzzo, accanto a lei , appoggiata al banco,  una  ragazzona a seno scoperto , giovane ed esuberante , gesticolava e confabulava con l’aria di chi volesse confidare chissà quali segreti. Indossava soltanto un paio di mutandine a fiori e una camiciola aperta senza maniche  . Il nuovo arrivato dopo aver gettato un’occhiata fugace  su quelle grandi mammelle bianche che si agitavano libere ad ogni movimento si rivolse alle due donne accennando un saluto imbarazzato.

 “Vorrei vedere la signorina Bianca, per favore.”

La più giovane , seccata da quell’inopportuna interruzione, alzò gli occhi al cielo ma non ebbe il tempo di replicare.

“Saresti dunque tu il bel salvatore della nostra Bianca?”

Intervenne una voce beffarda emersa all’improvviso dal fondo del salottino.

Gabriele sollevò lo sguardo e riflesso nello specchio della parete di fronte vide il bel volto di Adua , si voltò e restò incantato ad osservarne i lineamenti poi scese ad esplorarne le forme .

Era splendida , gli occhi grandi , color verde palude,  la figura esile , il portamento elegante . Una raffinata acconciatura le tesseva i capelli arabescando curiosi intrecci che finivano per modellare una lunga treccia . Fatto il suo ingresso la donna sciolse la chioma lasciando ricadere una cascata corvina sulle spalle nude poi , reclinando leggermente il capo , le ricoprì con un ampio scialle azzurro,  impreziosito da delicati drappeggi color porpora  , che lasciava comunque intravedere la generosa scollatura dove le pupille del ragazzo erano inevitabilmente finite per rotolare.

“Dov’è? Posso parlarle? Cosa le avete fatto?”

“Calma giovanotto. E’ qui e sta benissimo. Perché avremmo dovuto farle del male poi?”

Il giovane stava per ribattere  quando Bianca irruppe nel salone.

“ Lasciatelo stare! “ Gridò fuori di se “ Eravamo d’accordo no? Non fatelo entrare in questa storia ed io non tenterò altri colpi di testa!”

Poi con uno scatto di rabbia si scagliò verso il ragazzo incredulo ammonendolo.“ Vattene fuori da qui tu! Che sei venuto a fare ! Nessuno te l’ha chiesto !”

Gabriele rimase senza parole, cercò invano di calmarla , si sentì umiliato e per l’ennesima volta rinunciò a capire , uscì da quella casa senza voltarsi, ad accompagnarlo lo sguardo gonfio di lacrime della giovane donna .