CAPITOLO 17

 

 

Alessandro




 

 

 

 

uello stesso pomeriggio sarei dovuto andare a spuntar colonne  al Totocalcio per incrementare il misero budget familiare, confidavo che il piccolo me ne desse la possibilità sgusciando fuori in fretta dal suo confortevole rifugio  ma non andò come speravo.

Se la prese comoda il poltrone, trascorsi l’intera giornata in compagnia della suocera ad aspettare che si decidesse a far capolino mentre Lety se la spassava in sala travaglio .

Sopraggiunse così la notte, non mi ero nemmeno organizzato con l’indispensabile solita carriolata di Tex per ingannare l’attesa,non mi restò pertanto che trascorrere  quelle interminabili  ore  a macinare chilometri percorrendo avanti e indietro  i lunghi corridoi lucidi dell’ospedale.

Di tanto in tanto mi fermavo accanto alla porta chiusa della sala parto per sbirciare oltre i vetri opachi poi tornavo a sedere sulla scomoda panca della sala d’aspetto per chiudere un poco gli occhi,la testa china sul gomito, e cercare di riposare.

Alle 7,25 del mattino successivo, martedì 15 febbraio 1983, il pargolo vinse finalmente la naturale titubanza a venire al mondo , schizzò fuori come un proiettile lacerando i tessuti della malcapitata mamma e finendo per miracolo tra le braccia protese dell’ostetrica, tale Anna De Moltissi. Ordine di nascita I°, parto spontaneo, presentazione di vertice , altezza 51 cm., peso Kg.3,300 , circonferenza cranica 36 cm.

Fortunato nonno Walter che spuntò dallo scalone di fronte alla sala d’attesa pochi minuti dopo la nascita del primo nipote maschio, molto meno  nonna Livia , che , trascorsa l’intera notte insonne ad aspettare il lieto evento  , si era  decisa ad andare in bagno un minuto prima che l’infermiera s’affacciasse sulla porta della saletta, dove giacevo praticamente esamine, per annunciare la buona novella e accompagnarci dal nuovo arrivato.

L’avvocato guardò l’orologio, si stava facendo tardi, non aveva tempo per salire con noi , la rapida visita era già al termine,  afferrata  la  valigetta da lavoro,  ci salutò, raggiunse il cinquino nero  e tornò  a correre per la città a caccia di premi da incassare e nuovi assicurati da tampinare, l’avrebbe visto più tardi…forse.

Tallonai la mia guida fino alla nursery, dischiuse la porta e mi fece segno di fermarmi, entrò sola , s’avvicinò ad una fila di lettini e sollevò un fagottino , con un sorriso compiaciuto me lo mostrò  oltre il cristallo poi lo depose nuovamente nella culla.  Nonna Livia nel frattempo m’aveva raggiunto, rimanemmo a lungo ad osservarlo mentre rosso paonazzo s’agitava e sgambettava strillando come un’ indemoniato, era mio figlio un cucciolo di Tiddi , tutta la storia ricominciava da capo.

Le complicazioni dovute al repentino e devastante sprint del piccolo Alessandro impedirono alla madre di uscire dal policlinico dopo i canonici tre giorni, ne trascorsero infatti dieci prima che si decidessero a dimetterla, l’aria di febbraio era ancora pungente, la  primavera ancora lontana, decidemmo così di fermarci ancora qualche giorno in via dei Foscari ospiti dei nonni materni prima di tornarcene a Ladispoli.

Il pomeriggio del 17 aprile nella chiesa di Santa Maria Goretti il battesimo di rito , completo blu  duro come la roccia – quello delle nozze - con cravatta grigia a pois per il padre,  delizioso abito azzurro  con elegante giacca chiara di cotone per la madre, morbido vestitino bianco e maglioncino celeste  con risvolti turchesi per il protagonista. Il padrino mio cognato Sario , la madrina mia sorella Aurora.

Numerosissimi gli invitati, interdetta la presenza in sala a stampa e fotografi, prelibato il banchetto predisposto nella sala parrocchiale nel piano inferiore della parrocchia ed offerto in guanti bianchi dal cameriere in divisa d’ordinanza noleggiato per l’occasione… roba da ricchi.

La bella stagione anche quell’anno arrivò puntuale come sempre perciò, raccattati biberon, pannolini e  tettarelle , preparammo i bagagli  infagottammo il pupo e riprendemmo la via Aurelia per raggiungere la  nostra accogliente dimora, tornare al lavoro e ricominciare la vita di sempre. O quasi, l’avevamo infatti  lasciata in due, stavamo per tornarci in tre.

Le 300.000 lire al mese che guadagnavo lavorando con papà non bastavano neanche per arrivare al 10 del mese, dopo quella data non restava che affidare il nostro stomaco a frittatoni giganti e quintali di pasta per fare mappazza e dormire tranquilli fino al mattino dopo . Ai pasti del piccolo per fortuna pensava nonno Antonino , pesce fresco al martedì e venerdì e tenero filetto al sabato, la domenica poi l’intera famigliola si trasferiva in via dei Foscari ospite dei nonni materni e lì,  senza fare complimenti , accantonava nello stomaco la riserva di cibo necessaria per tutto il resto della settimana .

Quattrini per togliersi qualche sfizio neanche a parlarne, ricordo come fosse ieri un grigio martedì mattina di gennaio -  il giorno dopo sarebbe stato il compleanno di Lety -  trascorsi l’intera mattinata ad aggirarmi all’interno della Standa di viale Regina Margherita – oggi se non sbaglio anche quel grande magazzino ha traslocato  – per cercare un regalino a portata delle mie saccocce drammaticamente sguarnite. Pochi minuti prima della chiusura adocchiai accanto alla cassa un variopinto foulard di seta, costo 3000 lire, “con un po’ di sforzo”  - pensai – “forse  posso anche arrivarci” . Frugai nel portafoglio dove rintracciai  ,avviliti e solitari,  due logori pezzi da mille, poi , setacciate  con cura le tasche dei pantaloni di velluto e del loden verde , riuscii a trovare il resto degli spiccioli, contai attentamente il malloppo – avanzava persino una moneta da 50 -  feci il mio acquisto e compiaciuto me ne tornai a casa con il presente per la mia sposina.

Trovare casa a Roma e rientrare nella capitale  rimaneva comunque il nostro sogno, o meglio quello di Letizia  , a me la vita di provincia non dispiaceva affatto, considerati però i tempi che correvano e i soldi in tasca al sottoscritto ,tale desiderio sarebbe rimasto a lungo soltanto una chimera  se Nostro Signore Gesù Cristo e soprattutto l’affezionata collaboratrice domestica di casa Tiddi senior, non ci avessero teso provvidenzialmente la mano, per il resto ci affidammo al buon cuore di mamma Fernanda e mamma Livia.

Quando Giovanna infatti ,a conoscenza della nostra precaria situazione, confidò a mia madre che un suo vicino intendeva affittare un piccolo appartamento attiguo al suo in quel di Fidene,  le due nonne, presi a martellate i rispettivi porcellini di terracotta, organizzarono una cordata e decisero di accollarsi il costo dell’affitto di via Incisa in Val d’Arno 13, 250.000 lire al mese.

Attendemmo la fine dell’estate poi filammo di nuovo via dallo stabile di via Spoleto  portando con noi questa volta oltre al rimpianto - almeno per quanto mi riguardava - anche quel poco mobilio che eravamo riusciti ad acquistare fino ad allora indispensabile per arredare il nuovo alloggio di Borgata Fidene.

A parte la temperatura glaciale si trattava di un appartamentino niente male, silenzioso , situato al primo piano di una tipica palazzina di povera gente - immigrati meridionali piombati nella capitale in cerca di fortuna nei favolosi anni sessanta - costruita e successivamente condonata  in una zona periferica a ridosso della via Salaria venuta su in fretta e furia prima che qualche inopportuno piano regolatore venisse varato costringendo quegli improvvisati palazzinari ad interrompere i lavori.

Del tutto privo di corridoi l’appartamento era un quadrato di circa settanta metri quadrati con doppia esposizione . Attraversando l’ampio ingresso si accedeva sulla destra ad una grande cucina mentre di fronte si apriva il soggiorno, l’ambiente  proseguiva con la camera da letto, una piccola stanza  ed un  bagno di servizio. Dove fosse quello padronale devo ancora scoprirlo.

Un lunghissimo balcone circondava per intero il perimetro dei due lati del fabbricato dove erano collocate cucina e soggiorno.

Il sor Giuseppe, rustico locatore dell’immobile, doveva certamente avere avi d’origine eschimese se è vero come è vero che non accendeva l’impianto di riscaldamento se non di fronte a calamità naturali quali inondazioni ,nubifragi o bufere di neve.

Sordo alle toccanti preghiere dei suoi surgelati affittuari lo zotico non sembrava avere pietà neppure per il piccolo  Findus  cosicché per alleviare le pene dell’infante e dei suoi irrigiditi genitori fummo costretti a munire i telai delle finestre di salami , nastro isolante e simili diavolerie non disdegnando, quando la gelida tramontana sembrava voler spazzar via l’intera borgata, di assicurare piumoni e plaid alle cornici di porte e finestre esposte drammaticamente a nord.

Anche la neve che raramente sporcava i tetti della capitale  quell’anno cadde copiosa imbiancando il paesaggio e abbassando ulteriormente la temperatura di quel freezer di borgata.

Nonostante il clima glaciale e le ristrettezze economiche il tempo sembrava comunque volgere al bello, Lety era stata chiamata dal collocamento a ricoprire il ruolo di assistente di asilo nido ed il rosso del conto corrente tendeva finalmente a scolorire, l’incertezza del domani permaneva visto che il suo era pur sempre  un lavoro a tempo determinato ma qualche notte, Alessandro permettendo, si riusciva a chiudere occhio senza l’incubo di come mettere insieme i quattrini necessari al pranzo del giorno dopo.

Impazzava In quegli anni la mania dei Puffi , anche in casa nostra decine di  miniature dei  simpatici gnomi di Peyo affollavano  le credenze della cucina ed il parquet  della stanzetta del piccolo . Ne potevi trovare a centinaia atteggiati in tutte le pose ,  disposti in fila sugli scaffali , annidati tra i cuscini dei divani e persino tra la biancheria da lavare . La varietà era infinita dal grande puffo al puffo clown, dal puffo pellerossa alla puffetta pon pon , neanche quando andavi a dormire ti lasciavano in pace,  non era insolito  trovarseli infilzati tra le costole nascosti tra le pieghe delle lenzuola. I finestrini delle auto e i telai dei motorini erano tappezzati da migliaia di adesivi colorati con l’effigie di quei nanerottoli celesti , la grande Roma aveva appena conquistato il suo secondo titolo :  non poteva certo mancare l’autoadesivo del  Puffo giallorosso che spiccava fiero sul lunotto posteriore della mia Fiesta.

Il frugoletto aveva appena sei mesi quando fummo costretti a portarlo all’asilo, il nuovo impiego non concedeva pause alla madre né erano previsti dal contratto di lavoro assenze per malattia o permessi per occuparsi del piccolo in caso di malanni, quando la gola s’infiammava per il freddo o la febbre e il raffreddore di stagione lo costringeva a letto non mi restava che occuparmene personalmente, guadagnavo meno della metà di mia moglie e non potevamo certo rinunciare alla sua di paga.

Mi sentivo un verme quando al mattino, dopo aver tagliato a fette la nebbia della Salaria con la mia auto, l’accompagnavo all’asilo di via Nicolò Piccinni e lo depositavo sul tappetone del reparto lattanti ,era talmente piccolo da non riuscire neppure a rimanere seduto senza il sostegno della mia mano,con aria interrogativa mi fissava impaurito con i suoi occhioni sgranati e il ciuccio pendulo al lato della bocca poi cominciava lentamente a scivolare da un lato fino a rotolare sul soffice materassone.

Nascosto da un pilastro assistevo al vano tentativo di quella tartarughina di alzarsi o di sollevare almeno il visino per cercare allarmato il suo papà poi scappavo via come un ladro ,nodo alla gola,cuore a pezzi , lacrima in tasca.

Intanto il moccioso cresceva e, a differenza di quanto avrebbe fatto qualche anno più tardi Roberto, cresceva anche insieme e grazie a me.

Se mi era impossibile portarlo all’asilo o impegni inderogabili  mi costringevano alla scrivania era mia suocera che veniva da noi per occuparsene . Fu proprio in una di quelle occasioni, al mio ritorno verso l’ora di pranzo, che me lo vidi caracollare incontro, inciampò, si rialzò appoggiando le manine sul tappeto dell’ingresso poi continuò a mettere uno davanti all’altro i suoi piedini fino a raggiungermi, aveva undici mesi , cominciava a fare i primi incerti passi in casa e nella vita.

Il sabato, libero da impegni ,restavo in casa ad accudire il piccolo mentre Lety si recava al lavoro,equipaggiato di tutto punto con grembiulino e crestina provvedevo a cambiarlo, addormentarlo e  a dargli da mangiare, insomma me lo godevo un  mondo.

Un mattino, dopo le consuete coccole nel lettone, s’era riaddormentato ed io m’ ero alzato per sbrigare le faccende  domestiche lasciandolo solo , raggomitolato tra due cuscini che credevo fossero sufficienti ad impedirgli di cadere.

Ero occupato in cucina a lavare tazze e cucchiaini della colazione quando d’improvviso udii un tonfo provenire dalla camera da letto. Mollati pezzuola, sapone e stoviglie  corsi a vedere cosa fosse successo e lo trovai a terra che piangeva disperato, lo raccolsi e tentai di consolarlo stringendolo al petto e carezzandogli la testina. Finalmente il pianto si fece meno violento e i singhiozzi più sporadici,rassicurato lo posai sul pavimento per  farlo camminare, aveva cominciato da pochi giorni ma il lupetto non ne voleva più sapere rifiutandosi perfino di poggiare i piedini a terra e ricominciando a piagnucolare quando provavo a forzarlo.

Terrorizzato lo vestii di corsa e lo accompagnai all’asilo di piazza Crati dove sgobbava la madre  per farlo visitare dal pediatra del nido senza tuttavia avere il coraggio di confessare l’accaduto né al medico né a Letizia e limitandomi a  riferire di quel suo improvviso rifiuto a camminare. Non riscontrando traumi o lesioni di particolare rilevanza il dottore ci tranquillizzò sostenendo che probabilmente il bambino aveva battuto la caviglia e avvertiva dolore nel poggiare il piedino a terra ma avrebbe ricominciato a vagabondare per casa non appena l’ indolenzimento si fosse attenuato, quella sera stessa infatti tornò a trotterellare teneramente restituendoci il sorriso e la serenità.

Soltanto una decina d’anni più tardi riuscii a raccontare a Lety come si erano realmente svolti i fatti.

Una notte fu probabilmente un angelo a svegliarmi improvvisamente perché potessi afferrarlo per le caviglie prima che si catapultasse dal lettino per spalmarsi sul pavimento insieme all’inseparabile Clemente, un morbido orsetto  bianco e celeste che aveva ereditato il nome  dal vecchio peluche del padre. Ricordate?

Il piccolo sembrava calamitare i guai, camminava appena quando decise di assaggiare la candeggina riposta sotto il lavandino di cucina, la trovò di suo gusto e la madre fu costretta a portarlo , tenendo con un braccio il pargolo avvinghiato a sé e con l’altro il volante  del suo 500 color nocciola targato E77293 ,  al pronto soccorso dove gli risparmiarono una fastidiosa lavanda gastrica solo perché i micidiali succhi gastrici del moccioso avevano stecchito il veleno della malcapitata varechina.

Un caldo pomeriggio d’agosto , avrà avuto si e no un paio d’anni , il monello sguazzava felice tra i cavalloni del mare di Ladispoli, la madre lo francobollava come al solito senza perderlo di vista, il padre invece , stordito dall’azzurro del cielo,  impigriva placidamente al sole e  , nascondendo gli occhietti arzilli sotto  le lenti azzurrate dei lozza,   tampinava con sguardo attento le procaci bagnanti del luogo succintamente vestite.  Al discolo fu sufficiente un attimo di distrazione di Vinavil per  s’improvvisarsi sommozzatore ed esplorare curioso le profondità marine . Soltanto la prontezza di un’attempata villeggiante che vide affiorare a pelo d’acqua il suo berretto a spicchi variopinti gli salvò la pelle. Messa in guardia  dal lacerante grido della donna Lety si voltò immediatamente,  afferrò il cappellino legato sotto il mento di Majorca e  trasse in salvo il cianotico subacqueo. 

Così, tra pappine di pollo al retrogusto di inchiostro di pennarello sputate in faccia ai malcapitati genitori o alla paziente nonnina durante la trasmissione Il pranzo è servito e minestrine di formaggino uniformemente spalmate su occhietti e orecchie o pastina al pomodoro ingoiata stile pellicano al ritmo delle canzonette del quiz serale di Vianello “Zig Zag”, il mostriciattolo si faceva grande e noi con lui.

I telefilm della serie Quincy e Magnum P.I. cadenzavano quei giorni al principio  degli anni ottanta insieme ai cartoni del programma per ragazzi  Bim Bum Bam – autentica passione del piccolo Alessandro - condotto in coppia da Paolo Bonolis e  Licia Colò. Intanto il vostro narratore tentava di apprendere gli  elementi base della difficile  professione di agente d’assicurazione, scarsamente assistito dal suo insofferente insegnante, e la sua gentile consorte si occupava di poppanti pestiferi che si rifiutavano di mangiare ma in compenso cacavano come cammelli. 

Le giornate scorrevano piuttosto tranquille, non era certo una vita champagne ma il doppio stipendio contribuiva a rasserenare gli animi. Ancora per poco però, minacciosi i nuvoloni della precarietà  stavano per far tornare a piovere sul bagnato,il temuto suffisso a termine che già allora si era soliti aggiungere al sostantivo “lavoro”  stava per mostrare il suo volto spietato, il volto dello sconforto che oggi più d’allora costringe migliaia di famiglie a maledire i lerci plutocrati che l’ hanno coniato, credendo così di sanare baratri di bilancio che loro stessi hanno determinato.

Ma lasciamo nelle loro lussuose tane questi nauseabondi topi di fogna e torniamo a seguire le appassionanti vicende del nostro spassoso trio.

Quando l’estate incendiava le città, portando con sé caldo torrido e interminabili giornate d’afa e sole, l’agenzia chiudeva bottega cosicché la famigliola sedeva sui roventi sedili della Ford Fiesta e se la svignava per andare a trascorrere qualche giorno di villeggiatura sulla sabbia ferrosa di Ladispoli , ospite dello stabilimento Miami , o tra i monti brulli di Pagliara dei Marsi,  dove nel frattempo erano cominciati i lavori per la sopraelevazione di villetta Fernandella.

Per dare il via ai lavori fummo costretti ad acquistare dall’accorta proprietaria la famigerata particella 335,  5 are e 45 centiarie di terreno incolto che si estendevano di fronte al fabbricato. Il progetto del geometra Stinellis prevedeva oltre alla costruzione di un  piano rialzato , il rivestimento di una scala esterna con gradini e sottogradini in pietra tipo bottoncino, la giunta regionale d’Abruzzo l’approvò definitivamente in data 27 novembre 1989.

Il villino all’epoca era una piccola bomboniera, ristrutturato qualche anno prima con il rifacimento del tetto e il rivestimento esterno in cortina , era stato rifinito intorno alle cornici delle persiane con uno strato di vernice verde punzecchiata , stesso colore per la colonna portante della veranda .Esistevano ancora la finestra sul lato sinistro che sarebbe stata murata per consentire la costruzione della scala che porta al piano superiore  e l’ antico portone d’ingresso ,  già da tempo comunque inutilizzato  considerata la comodità di un accesso diretto in cucina dalla porta finestra .

La realizzazione di un secondo livello si rese necessaria per accogliere la prima tranche di  prole che il prolifico quartetto dei fratelli Tiddi  transfuga da piazza Gondar  aveva nel frattempo messo  al mondo con l’aiuto dei rispettivi coniugi  – questa almeno la versione ufficiale -  tra la fine degli anni settanta e la prima metà degli anni ottanta .

L’opera di ristrutturazione dell’edificio rivelatasi un’autentica  fabbrica di San Pietro,  affidata prima all’indolente Massimo, poi al diligente Sergio durò per oltre un decennio. Innumerevoli furono le modifiche al progetto originario, costanti le revisioni di spesa, finché, all’albeggiare degli anni novanta , la piccola casa di montagna  assunse l’attuale aspetto di villetta residenziale . Forse scarsamente rifinita, certamente  e  , purtroppo , troppo poco vissutta.

Se solo m’avanzassero…

Non che sia finita! I tubi ghiacciano e saltano durante l’inverno , la merda tracima nel periodo dell’affollamento estivo e ogni tanto  qualche stanza trasuda umidità , il peggio comunque sembra ormai alle spalle.  

Già a quell’epoca  le mie ferie duravano poco più di una settimana, il lavoro non mi dava tregua, gli affezionati e zelanti clienti sembravano fartelo apposta, avevano bisogno di te soprattutto quando era ora di godersi un po’ di meritato riposo. Allorquando, pregustando già l’ombra del tuo ombrellone piantato a due passi dal bagnasciuga della costa laziale o la quiete delle notti estive nel tuo paesello tra i monti della Marsica, stavi per vistare l’ultimo foglio cassa prima di filartela in vacanza , stabilivano che era giunta l’ora d’acquistare  la nuova automobile o  di schiantare la vecchia contro un camion in retromarcia costringendoti a rimandare il giorno della partenza.

Eppure quella galera cominciava a piacermi,oltre alla pesante fatica e alle consuete preoccupazioni  cominciava ad offrire anche le prime soddisfazioni.

Usciamo dal piccolo appartamento di Fidene ora , dove le note di Mama dei miei adorati  Genesis – seppur privi del genio di Peter - modulano quei giorni , e consultiamo l’archivio della memoria per una rapida escursione tra la cronaca e la storia di quegli anni.

A Mosca il premier Andropov , da appena due anni in sella al colosso sovietico, toglie prematuramente il disturbo,  gli succede Cernienko, in India viene assassinato il primo ministro  Indira Ghandi , alla Casa Bianca Ronald Reagan  rinnova il contratto d’affitto  per altri cinque anni , questo il succo del 1984 , adesso non ci resta che spremerlo per raccoglierne la sostanza.

L’inflazione continua a corrodere il potere d’acquisto e il buon Craxi provvede prima a tagliare  tre punti di contingenza, poi a fissare un blocco all’aumento dei prezzi che non devono salire nell’anno in corso oltre il 10% . Ai  commercianti non pare vero e il tetto viene raggiunto in poche ore ,  la popolazione insorge – si fa per dire – e scende in piazza a cantare stornelli , mangiare salcicce e bere il vino dei Castelli . Al centro di Roma si radunano oltre un milione di pseudoincazzati che fanno buh! e se tornano precipitosamente a casetta perché fuori fa freddo.

Ancora una volta la rivoluzione è rinviata a data da destinarsi.  Come se non bastasse  il 9 e 10 giugno al referendum abrogativo,  proposto da Pci e CGIL,  del decreto unilateralmente imposto da Craxi  che sopprime di fatto l’accordo del 1975 dove l’aumento della contingenza era strettamente collegato all’andamento ISTAT, il popolo italiano, lieto evidentemente di vedere ingrassare la Confindustria,  si schiera a fianco di Mastro Bettino e della sua mannaia.

Il mercenario De Mita  viene rieletto segretario della Dc a spese di Vincenzo Scotti ,  sua maestà Bettino Magno – e per magnare,  magnerà.  Eccome se magnerà! - confermato leader per acclamazione dai suoi compari socialisti in quel di Verona.

Le teste fine  intanto plaudono al nuovo concordato del 18 febbraio tra Italia  e Santa Sede  che relega in soffitta quello del 1929 - ne sentivamo proprio il bisogno – il presidente del consiglio e il segretario di Stato Vaticano Cardinal Casaroli mettono fine con una firmetta al monopolio della Confessione Cattolica che cessa di essere  Culto di Stato, Pierino potrà così, d’ora in poi,  decidere se frequentare o meno l’ora di religione e tutti staremo più tranquilli.

Il 7 giugno , durante un comizio elettorale per le imminenti consultazioni Europee, un’emorragia cerebrale stronca a Padova Enrico Berlinguer . Con la sua scomparsa si chiude il sipario sulla sinistra italiana , in un primo momento il pacioso Alessandro Natta tenterà di raccoglierne i pezzi ,  poi , trascinata sempre più a destra dalla nuova dirigenza di partito composta da un manipolo d’insignificanti pupazzi scampati al ‘68, cesserà definitivamente di esistere.

Dieci giorni dopo il carisma del vecchio leader aleggia ancora attorno alle         urne elettorali e il partito comunista italiano vince le elezioni europee con il 33,3% delle preferenze . La diccì è appena sotto con un lusinghiero 33,00% , ma a governarci  resta un grasso socialista che con un esiguo 11,02%  detta la sua Legge : la plutocrazia che ancora oggi avvelena il Parlamento emette i suoi primi inquietanti vagiti.

Mentre a Napoli si festeggia l’arrivo al San Paolo di Diego Armando Maradona a Los Angeles il 28 luglio si apre la XXIII Olimpiade e i paesi del blocco sovietico rendono pan per focaccia al paese ospitante che quattro anni prima aveva disertato i giochi di Mosca. A noi come al solito non ce frega un cazzo , quindi partiamo per gli Stati uniti e , approfittando delle assenze di atleti di fama internazionale ,  portiamo a casa palate di patacche ,   14  d’oro, 6 d’argento e 14 di bronzo, tra gli altri esaltano lo sport azzurro Alberto Cova nei 10.000 e Gabriella Dorio nei 1500.

Gli americani fanno ovviamente man bassa di medaglie , Carl Lewis ne vince addirittura quattro eguagliando Owens,   Moses, Hooks, Ashford, Carey, Louganis , per citarne solo alcuni,  raccolgono il resto del metallo prezioso a disposizione per farne dono allo zio Sam.

Al ritorno dalle ferie gli italiani abbronzati , che hanno retto bene a  terrorismo rosso , stragi nere , scandali di Stato , omicidi di mafia e simili efferatezze  , rischiano l’isteria per la decisione presa dai pretori di Roma, Torino e Pescara di oscurare Retequattro, Canale Cinque e Italia Uno prive della necessaria autorizzazione.

Silvio Berlusconi è sull’orlo dell’infarto ma a sostenerlo scende in campo il prode  Bettino che con un sottile sofismo dichiara che non esistendo una Legge ad hoc Sua Emittenza può tranquillamente continuare a trasmettere film, varietà e consigli per gli acquisti .  Non esita a varare in tal senso il celebre decreto salvaberlusconi che riaccende le tivù di Arcore , liturgia collettiva di un popolo , consentendo agli angosciati telespettatori di ogni razza, età e religione di tornare a respirare ed  evitando per un soffio  , questa volta sì, la rivolta armata di studenti, operai e massaie in crisi d’astinenza da telenovele,  quiz a premi e telefilm.

All’anti vigilia di  Natale ancora una strage , un ordigno esplode sul rapido 904 Napoli - Milano in Val di Sambro , l’autore dell’attentato questa volta viene immediatamente  identificato ma viene misteriosamente assassinato in carcere prima di confessare il nome dei mandanti , anche questo eccidio – 15 morti oltre ad un centinaio di feriti – resterà impunito.

Carlo Rubbia vince il Nobel per la fisica e Albano e Romina il festival di Sanremo , nello stesso momento un disorientato embrione  trasloca,  per la prima volta,  da un utero all’altro . Diventato feto si rende conto di non essere proprio a casa sua e quando viene al mondo,  osservando con attenzione chi l’ha partorito e non riscontrando alcuna somiglianza , si chiede chi sia veramente la madre. Credo stia ancora domandandoselo.

Sugli schermi televisivi nel frattempo arrivano i Visitors con il giornalista Mike Donovan , l’attore Mark Singer , nei panni dell’ eroico capo della Resistenza alla tirannia dei vermiciattoli dalla voce amplificata e quel gran pezzo di topolona di Jane Badler – latteria di prim’ordine - in quelli  del viscido comandante degli  Alieni, con loro Robert Englund e Jane Chadwich. Messo a nanna il pupo i coniugi Tiddi non ne perderanno un solo episodio e accoccolati sul divano , dividendo un provvidenziale plaid spiegato sulle gambe per proteggersi dal  freddo, faranno il tifo per i coraggiosi terrestri angariati dai perfidi rettili dalla lingua biforcuta.

Sulle tre reti di Berlusconi  Mike Bongiorno si conferma re del del quiz con Superflash dividendo il podio con M’ama non m’ama e Ok ilprezzo è giusto, in RAI invece il successo arride al sovrano assoluto dei congiuntivi , il fulvo Aldo Biscardi,  autore e opinionista della trasmissione sportiva Il Processo del lunedì.  Share di tutto rispetto anche per il simpatico Marino Bartoletti, nuovo presentatore della Domenica sportiva, per lo sguaiato Gianfranco Funari,  conduttore del rivoluzionario Talk show Aboccaperta e per Michele Placido che  ne La Piovra  interpreta l’affascinante e incorruttibile Commissario Cattani. L’attore pugliese non riuscirà a sconfiggere la mafia ma farà strage di cuori tra le depravate ammiratrici delle venti e trenta appese al video per seguire le sue gesta e sognare di accarezzare la sua chioma brizzolata. 

Sul grande schermo l’inedita coppia Troisi - Benigni presenta Non ci resta che piangere, una rutilante e divertente commedia che racconta le peripezie di un maestro elementare e di un bidello  misteriosamente finiti  in un grottesco Medioevo , con l’idea  fissa di fermare in qualche modo la partenza di Cristoforo Colombo per le Americhe  . La comicità  a tratti irresistibile dei due protagonisti,  che firmano anche la regia del film , rievoca il talento di un’ altra celebre coppia  dello spettacolo , Totò e Peppino De Filippo.

Successo planetario per l’esordio alla regia  di Robert Zemeckis,  assistito dall’infallibile Steven Spielberg , che ci presenta le fantastiche avventure del simpatico diciassettenne Marty McFly, Michael G. Fox,  e dello strampalato Dott. Brown , Christopher Lloyd, che a bordo di una Delorean trasformata  in una straordinaria macchina del tempo viaggiano tra la Hill Walley del 1985 e quella del 1955.  Ritorno al Futuro, questo il titolo della pellicola, diventa un piccolo cult per la generazione degli anni ottanta , divertente, scoppiettante, pieno di gustose trovate che rivivranno nei due gustosi sequel del 1989 e del 1990.

Ma il  1984 è anche l’anno di Terminator, pirotecnico film di fantascienza, ricco di strabilianti effetti speciali,  del regista americano James Cameron , tensione, adrenalina  ed azione senza un attimo di pausa.  Il roccioso Arnold Schwarzenegger è un  indistruttibile cyborg inviato sulla terra dal futuro per uccidere Sarah Connor, la bella attrice canadese Linda Hamilton , prima che la donna possa concepire il futuro capo della resistenza. Comincia da qui la lotta senza tregua , in un caleidoscopio di inseguimenti mozzafiato, suspence da brividi e incredibili colpi di scena , tra l’implacabile robot e un  giovane guerriero , anch’egli giunto dal futuro, che deve proteggere Sarah  e si rivelerà poi essere il futuro padre del bambino .

Irresistibile poi l’esordio di Eddie Murphy nella parte dello scanzonato poliziotto di Detroit Alex Foley, capace, intraprendente ma poco incline alla disciplina, nel film di Martin Brest Beverly hills cop – un piedipiatti a Beverly Hills, ritmo, comicità impertinente  e azione a tutto gas.

Negli Stati Uniti  intanto diventa di dominio civile l’utilizzo e la  tecnologia di Internet, noi per il momento dobbiamo più semplicemente accontentarci del Televideo .