CAPITOLO 15

 

 

Fiori d’arancio




 

 

 

 

l 1982 si apre con le dure critiche del P.c.i.  alla politica repressiva adottata  dall’unione sovietica - dove spippa Breznev rimpiazzato da Andropov - nei confronti di Solidarnosc , il comitato centrale del primo partito della sinistra italiana approva all’unanimità la linea del segretario Enrico Berlinguer e rende ormai irreparabile lo strappo  da Mosca.

Il mattino del 28 gennaio le teste di cuoio dell’Ucigos liberano il generale della NATO  Dozier e arrestano i  suoi rapitori, il sequestro è durato poco più di un mese, le Br sono ormai alla frutta.

In aprile viene assassinato dalla mafia il segretario regionale del PCI Pio La Torre reo di aver denunciato gli appalti mafiosi che girano attorno alla costruzione della nuova base missilistica di Comiso, dopo l’omicidio viene deciso l’immediato invio sull’isola del generale Dalla Chiesa  per contrastare lo strapotere di Cosa Nostra.

Venti di guerra intanto soffiano impetuosi al di là dell’oceano.

Nella notte del 25 marzo la Bahia Paraiso, una nave da guerra argentina, sbarca sulle isole MalvinasFalkland per gli inglesi – una task force  con il compito d’impadronirsi dell’isola a poche miglia dalla costa sudamericana occupata dai marines della perfida Albione.

All’alba del 2 aprile le truppe di liberazione costringono alla resa il contingente inglese di stanza sull’isola . La reazione del primo ministro inglese signora Tatcher non si fa certo attendere , la marina britannica  affonda un incrociatore argentino uccidendo 368 marinai, poi le truppe della Regina catturano  1500 militari  di leva nella baia di S. Carlo , infine costringono alla resa altri 1400 soldati nelle furiose  battaglie di Port Darwin e Goose Green.

L’aviazione argentina fa del suo meglio e riesce a colare a picco un paio di navi britanniche .

Segue ancora  qualche scaramuccia poi il generale britannico Moore , alle 9 del 14 giugno 1983 , annuncia al mondo la resa del generale Menendez e la vittoria inglese grazie alla quale Sua maestà potrà tornare a sfruttare i ricchi giacimenti petroliferi delle Falkland.

Un altro congresso intanto , quello della Democrazia Cristiana, elegge il 5 maggio il nuovo segretario del partito , a sostituire Flaminio Piccoli è chiamato Ciriaco De Mita, esponente della sinistra di base.

Sotto la prima arcata del ponte dei Frati neri, sul Tamigi, il 18 giugno viene ritrovato impiccato il banchiere Roberto Calvi, il cui nome è indissolubilmente legato  allo scandalo della P2,  al tracollo del Banco Ambrosiano e alle torbide vicende che ruotano attorno allo IOR , la banca della Santa Sede manovrata dal vescovo americano Paul Casimir Marcinkus. Si parlerà anche in questo caso di suicidio ma a crederci saranno in pochi.

Per la pausa estiva dei mondiali di calcio di Spagna si mette da parte la cronaca e si resta incollati al televisore per seguire le gesta di Paolo Rossi e compagni che si accingono a riportare in Italia la coppa del mondo dopo 44 anni.

In quel periodo seguivo un corso a Condotte che mi costringeva a frequenti viaggi  – ne parleremo tra breve – compatibilmente con gli orari delle lezioni dovetti quindi tallonare le partite di avvicinamento alla finale una ad una , cercando un televisore disponibile nelle hall degli alberghi o nelle baracche dei cantieri.

L’Italia di Zoff,Gentile, Cabrini, Bergomi, Vierchowod ,Baresi, Marini, Oriali, Collovati, Scirea,Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani, Altobelli, Massaro, Selvaggi, Conti e Causio, allenata dal commissario tecnico Enzo Bearzot che , nell’impossibilità di convocare l’infortunato Bottega,  lascia a casa il romanista Roberto Pruzzo , capocannoniere del campionato appena finito  con la vittoria della solita Juventus e l’estroso attaccante nerazzurro Evaristo Beccalossi ,  esordisce il 14 giugno contro la Polonia di Boniek , finirà a reti inviolate .

Il 18 ancora un pareggio per 1-1 con il Perù, il 23 l’ultima partita del gruppo 1 ci vede opposti al Camerun, anche in questo caso non si va oltre uno scialbo 1-1 che ci consente comunque di accedere alla fase successiva.

Nei quarti il 29 giugno si comincia a fare sul serio e a Barcellona incontriamo i campioni in carica dell’Argentina, gli azzurri si impongono per 2-1 con reti,  al 56’ di Tardelli e al 68’ di Cabrini, solo all’ 84’ Daniel Passarella accorcia le distanze per i sudamericani.

Il 5 luglio sale in cattedra Paolo Rossi ribattezzato per l’occasione Pablito – appena rientrato dopo aver scontato la pesante  squalifica inflittagli per la nota vicenda del calcio-scommesse -  e ,come spesso accade quando s’incontrano  azzurri e verdeoro, le squadre si esaltano dando vita ad una gara entusiasmante. Al 5’ Paolo Rossi apre le danze, la replica avversaria sette minuti dopo per opera di Socrates, al 25’ il centravanti azzurro porta in vantaggio la  formazione italiana e sul risultato di 2-1 per l’Italia si chiude il primo tempo. Nella ripresa il romanista Falcao ristabilisce al 68’ la parità ma Pablito mette in rete al 75’ il definitivo 3-2, classifica finale : Italia 4, Brasile 2, Argentina 0 .

Si va in semifinale !

Battere la Polonia l’8 luglio con un secco 2 - 0 è una semplice formalità, il doppio sigillo è firmato ancora una volta dello scatenato numero 20 azzurro che stacca il biglietto per  la finalissima contro la Germania Ovest dell’11 luglio.

Approfittando di un breve periodo di ferie me ne tornai a casa  , giusto in tempo per  gustarmi la finale in tivù stravaccato sulla sdraio sistemata in camera da pranzo , in compagnia di un piatto di spaghetti, un bicchiere di vino e la mia servizievole mogliettina in avanzato stato di gravidanza.

Cabrini sbaglia un rigore nei primi quarantacinque minuti  ma rimediano nella ripresa Rossi, Tardelli e Altobelli!  Al Santiago Bernabeu di Madrid il tris è servito agli annichiliti tedeschi, il goal della bandiera di Breitner a pochi minuti dalla fine non aggiunge nulla al match . L’Italia è , per la terza volta, campione del mondo, la nazione esulta, migliaia di tifosi si riversano nelle strade e nelle piazze per celebrare il trionfo azzurro. Fregiato dal tricolore il trenino che , partendo da piazza Marescotti,  percorre abitualmente le vie di Ladispoli con il suo carico di bambini entusiasti,   passerà  strombazzando  anche per via Spoleto e finirà per coinvolgere nei festeggiamenti  patiti e semplici villeggianti affacciati ai balconi , alle finestre dei palazzi circostanti o di ritorno dalla pizza in riva al mare.

Chiusa la parentesi sportiva e smaltita la sbornia mondiale si torna alla vita di sempre e sotto il fuoco incrociato dei franchi tiratori, per lo più democristiani, vacilla alla Camera il primo governo Spadolini, sarà finito il 3 agosto da una micidiale scarica dei socialisti.

Pertini rinnova la fiducia al neotrombato, questi vara una fotocopia del precedente esecutivo  che , ancorché raffazzonato alla meglio,  vivacchierà  ancora per qualche mese  prima di tirare le cuoia l’11 novembre.

Il 3 settembre a Palermo  una terrificante raffica di Kalashmikov investe in pieno una A 112 che percorre via Carini , restano uccisi  il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la  giovane moglie Manuela Setti Carraro che si trova alla guida dell’auto   e l’agente di scorta Domenico Russo che segue con un’Alfetta .  L’alto ufficiale dopo aver sbaragliato il terrorismo  era stato nominato – come già ricordato - pochi mesi prima prefetto del capoluogo siciliano con scarsi poteri ma  col preciso compito di espugnare il fortino mafioso, gli subentrerà Emanuele De Francesco munito, questa volta, d’artiglieria pesante.

Dieci giorni dopo viene arrestato in Svizzera , a Ginevra, Licio Gelli, i giudici italiani ne chiedono l’immediata estradizione per poterlo processare per una lunga serie di reati.

In autunno  un contingente di nostri militari viene spedito , insieme a truppe francesi e statunitensi , a Beirut per proteggere la popolazione civile  dall’interminabile  conflitto che insanguina il Libano.

La lite delle comari, come viene definito all’epoca l’aspro contraddittorio che mette di fronte  il ministro delle Finanze Rino Formica e quello del Tesoro Beniamino Andreatta,  affossa definitivamente lo Spadolini-bis ,  l’11 novembre , come detto , il capo del governo rassegna le dimissioni.

Un nuovo governo Ponte, voluto dal Presidente della Repubblica e delineato dal Presidente della Camera, l’ inaffondabile Amintore Fanfani , si dovrà occupare di traghettare ancora una volta il Paese alle urne, Craxi intanto si frega le mani  convinto sia finalmente arrivato il suo turno.

Per le strade intanto spuntano a decine , accanto agli istituti di credito, curiosi bussolotti dotati di tastiera elettronica , sono i primi bancomat a disposizione dei correntisti  , si tratta di una vera rivoluzione che cambierà  le abitudini degli italiani.

Storie di tutti i giorni sulla riviera Ligure, Riccardo Fogli  vince il festival e , se Albano e Romina sprizzano Felicità per essersi piazzati al secondo posto , Drupi e la sua voce  cavernosa si sentono Soli per essere arrivati solo terzi.

Al cinema arriva i predatori dell’arca perduta di Steven Spielberg col suo chiassoso e divertente bagaglio di effetti speciali e contagiosa ironia, sarà il capostipite di una fortunata trilogia che vedrà sempre protagonista l’attore americano Harrison Ford perfettamente in parte nel ruolo dell’irriverente, scanzonato e  intrepido Indiana Jones . La pellicola rappresenta lo spettacolare ritorno dei grandi film d’avventura sul grande schermo , antichi e affascinanti enigmi esoterici, tensione e ritmo frenetico, 3 oscar : scenografia, montaggio, effetti speciali visivi e sonori . E’ il 1936 , sfuggito miracolosamente alla morte in un tempio del Sud America e alla furia degli Indios ,  lo spericolato archeologo americano Indiana Jones viene incaricato dai servizi segreti di ritrovare prima dei nazisti l’arca dell’alleanza che Hitler vuole ad ogni costo convinto che abbia degli straordinari poteri magici, lo aiuterà nell’ardua impresa la bella ex compagna Marion. Semplicemente mitico ! Credo d’averlo visto  almeno una decina di volta , conosco battute e scene a memoria , eppure non sono ancora stanco, stasera dovrebbero replicarlo e  se Gabry non scassa troppo non me lo perdo di sicuro.

Quell’anno intanto Silvester Stallone da vita al suo più celebre antieroe.   Rambo , titolo originale – pochi lo sanno – first blood , narra le vicende di un tormentato reduce del Vietnam, John Rambo appunto ,  unico sopravvissuto del suo plotone agli orrori della guerra nella giungla. Perseguitato dall’arrogante sceriffo di una cittadina del Nord America l’ex berretto verde finirà per ribellarsi alla brutalità  dello sceriffo e dei suoi aiutanti e scatenerà la sua furia . Dapprima si rifugerà nel bosco , poi ,  braccato dal vendicativo Brian Dennehy,  farà valere il suo perfetto addestramento alla guerriglia sconvolgendo la vita di quella tranquilla cittadina di provincia. Spettacolarità, azione e un pizzico di crudeltà, questi gli ingredienti di un film a tratti eccessivamente violento che farà epoca,  teso a  denunciare il disadattamento dei tanti vagabondi usciti indenni dalla terribile sporca guerra. Seguiranno qualche anno dopo Rambo II la vendetta e Rambo III, il primo ricco di effetti speciali ma povero di idee, il secondo fiacco e prevedibile  tentativo , spesso retorico, di rinnovare i fasti dell’episodio d’esordio.

Muscoli, sangue e violenza non mancano nemmeno nella prima prova d’attore protagonista di Arnold Schwarzenegger. Conan il Barbaro di Jhon Milius è un film  rozzo, decadente, un vero inno alla barbarie e alla vendetta . Perché lo menziono allora? Che vi devo dire, a me è piaciuto ‘na cifra e fa parte del mio bagaglio di celluloide da conservare in cineteca.

Molti film sono importanti perché visti in un particolare momento della nostra vita, anche se  non rientrano nel novero dei capolavori o comunque non sono giudicati tali da  pubblico e critica.

Un discorso che non vale certo per La Notte di San Lorenzo dei fratelli Taviani , una pellicola di prim’ordine venata da toccanti accenti poetici  ambientata nella campagna toscana alla fine del 1944, sullo sfondo le ultime fasi della guerra di liberazione segnata dalla rappresaglia dei partigiani e della gente comune contro i fascisti in fuga artefici di spaventosi massacri nei confronti di popolazioni inermi.

Ma adesso restituiamo queste pagine  ai libri di  storia e torniamo alle ore immediatamente precedenti  la crudele esecuzione che, seppur malfermo sulle gambe, saprò affrontare con notevole coraggio e pari dignità.

Quel mattino m’alzai di buon’ora , purtroppo non avevo a disposizione un chirurgo plastico che conferisse alla mia faccia un’espressione meno atterrita così tentai da solo,  una sistemata alla barba, una rapida doccia e verso le sette ero già pronto ad indossare l’abito nuziale, m’avvicinai all’armadio per tirarlo fuori - cosa avete capito? Quello l’avrei tirato fuori più tardi, parlo del vestito! -  ma  un’ occhiata all’orologio mi suggerì che non era il caso di addobbarsi quattro ore prima dell’inizio della cerimonia, tornai così a sedere sul letto disfatto.

Oltre la finestra della mia camera il sole d’aprile sonnecchiava ancora tentando invano  di dissipare  la nebbiolina stillata dall’Aniene che scorreva sotto il ponte delle Valli.

La forma psicofisica sembrava perfetta eppure notai delle strane distorsioni percettive dovute probabilmente al fetore proveniente dalle ascelle e una salivazione praticamente azzerata. Forse l’ansia? Chissà?

Tornai ad osservare i poster stropicciati attaccati alle pareti, la mia nutrita collezione di dischi, l’ingombrante organo a doppia tastiera, l’ormai devastata Eko 12 corde e la raccolta completa di Tex .

Per il momento avrei dovuto lasciare tutto  lì, non c’era posto per gli oggetti cari nella nuova casa ,avrei avuto tempo in seguito per portarli con me, o almeno così credevo, in realtà ancora oggi le pagine di cinquecento albi del valoroso ranger del Texas sono lì ad ingiallire.

Aquila della notte e i suoi fedeli pards sono rimasti a far compagnia alle pareti spoglie e alle finestre chiuse,la libreria dove sistemare quelle palpitanti avventure non l’ ho mai più acquistata. Sapete come vanno queste cose . Parafrasando un vecchio jingle pubblicitario potrei intonare “i buffi sono ta-a-nti milioni di milio-o-ni…” macché manco posso canta’ più ‘sta canzone  co’  ‘sto cazzo d’euro.

Intanto l’ago più grande della sveglia appoggiata sul davanzale aveva effettuato un’intera orbita attorno al quadrante: era arrivata inesorabile l’ora di addobbarsi .

Al posto delle confortevoli e dilatate adidas , ai miei piedi, stretti nella morsa del martirio, erano comparsi un paio di mocassini a punta, neri come la morte. Salendo lungo l’esile figura ,immobile nella solennità del momento, là dove ampi e morbidi  jeans esaltavano le malcelate grazie di un maschio senza pari, orribili pantaloni a tubo blu notte contorcevano, rendendo il tormento indicibile, quelle stesse formosità stritolandole, liofilizzandole  e fasciando allo stesso tempo le mie due nobili semisfere ben tornite,  un tempo libere e separate come le perfette metà di un albicocca matura.

Il miracolo era avvenuto e l’intero perimetro dei fianchi era stato disegnato dalla cintura senza saltare neppure un passante .

Al di sopra della rilucente fibbia dorata  la comoda e morbida  Levis azzurra, slacciata al terzo bottone, le maniche arrotolate, era stata sostituita da una rigida camicia bianca insopportabilmente aderente in specie là dove due spietati bottoni intrappolavano i miei teneri polsi .

Assolutamente  disavvezzo a tali mostruosità il gargarozzo, triturato da un crudele colletto inamidato, pativa inerme lo strazio di un cappio infernale, grigio a pois bianchi,  prossimo a strangolarmi.

Completavano lo scempio  un  attillato panciotto duro come quercia e una corta giacca blu stile Totò. 

La confezione era pronta io un po’ meno.

Stavo per lasciare per sempre quella stanza dove le ombre della notte rincorrendosi lungo le pareti m’avevano spaventato da bambino, mi lasciai cadere sulla sedia ormai traballante dove da ragazzo avevo strimpellato le prime note di chitarra mettendo a dura prova la pazienza di chi mi viveva accanto e ascoltato quella musica emozionante che, scivolando lungo la schiena ,m’aveva fatto rabbrividire e  aiutato a crescere.

M’accostai al tavolo ovale segnato da lunghe cicatrici, profondi solchi e macchie di tempera ormai essiccata, lì  avevo appoggiato i deprimenti libri di testo e i consunti quaderni sui quali avevo annotato per anni spunti e appunti su civiltà antiche, lingue incomprensibili e poeti sfigati.

A dire il vero in quella stanza ci sono rimasto fino a un paio d’anni fa ma questa è un’altra storia.

Il suono irritante del citofono mi liberò da quei piacevoli pensieri dal retrogusto amaro, era Paolo, sarebbe stato lui ad accompagnarmi al patibolo.

Non trovammo traffico e una ventina di minuti più tardi eravamo già in via dei Fori imperiali circondati dalle vestigia di civiltà millenarie,di fronte a noi il carcere Mamertino al di sopra del quale si ergeva il sottile chiaroscuro della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami,

I primi invitati non tardarono a farsi vivi, sempre più numerosi cominciarono a sciamare sul sagrato ronzando e salutandosi l’un l’altro, il brusio cessò di colpo quando arrivò l’auto della sposa.

Era fantastica. Non l’automobile! Parlo della sposa. Cacchio vi si deve puntualizzare tutto!

Raggiante  - lo credo bene considerato l’ormai prossimo ingaggio a parametro zero - scese  dalla Rolls d’epoca sollevando lo strascico, un sorriso le illuminò il volto quando con il capo urtò contro il profilo della portiera aperta - in verità stentò a trattenere un’imprecazione – poi, sistemata la semplice acconciatura e riassettato il vestito ,si concesse a pubblico e stampa in tutto il suo splendore.

L’abito realizzato con fantasie di pizzi su tulle con linee intriganti e aderenti esaltava la snella figura di quella ragazzina che aveva da poco compiuto vent’anni, una mise disinvolta e allo stesso tempo classica. Una vera strafica insomma.

In attesa del suo arrivo ,in piedi di fronte all’altare accanto a mia madre, seguii incantato, la faccia inebetita, il suo lento incedere lungo la guida azzurra  disposta sul pavimento della navata  centrale, sottobraccio a Don Ninozzo intenerito fino alle lacrime. Nella mano sinistra teneva stretto il bouquet, certamente lieto dell’abbondante sudorazione che gli infondeva nuova vita, gli invitati disposti ai lati si voltarono per osservare la commovente scena mentre dall’alto il suono dell’organo intonava la marcia nuziale.

Ta-ta-ta.ta….ta-ta-ta-ta---tatatatatata- tatatatatata- tatatatatata tatatata tata- tatatta-tatata ta ta ta ta!

Niente di nuovo osserverete?

Forse, per voi! Per me era la prima volta.

Quando mi fu finalmente accanto le sollevai la mano e la baciai poi volgemmo lo sguardo al sacerdote.

Ai nostri lati muti ed immobili i testimoni o meglio, considerate le fattezze ,le nostre guardie del corpo.

Baffuti come brigadieri della Benemerita  i compari della sposa, l’amabile don Mico, doppiopetto grigio topo, camicia bianca, cravatta a righe sale e pepe , e il corpulento don Saro, completo bianco modello gelataio, cravatta blu, camicia azzurra.

Copia carbone dei primi due  quelli dello sposo, il tenero  Zonfrillo, abito nocciola, cravatta amaranto, camicia verdolina, e il vecchio amico  Franco, coordinato blu scuro ,cravatta azzurra, camicia bianca,

La cerimonia proseguì senza intoppi fino al fatidico “Sì”, interpretata senza troppa emozione la mia parte passai il copione con la formula magica alla mia partner che, viceversa, si fece prendere dalla commozione mescolando languidi singulti e toccanti interruzioni ai noti passi della rituale frase di adesione al matrimonio.

Le sorrisi poi le infilai l’anello al dito, poco dopo giunse il mio turno di porgere l’anulare ed ovviamente presentai quello sbagliato, un attimo d’imbarazzo, un nuovo sorriso di circostanza, e finalmente tesi la mano giusta, era la misura quella sbagliata, la fede faticava ad entrare e solo dopo diversi tentativi riuscii nell’ardua impresa.

La celebrazione delle nozze, il cui fasto resterà negli annali della storia, ebbe infine termine, le ultime raccomandazioni di Don Ronzani , una firma in fondo al registro poi le foto di rito con genitori, testimoni e parenti, ancora qualche scatto  tra le aiuole  attorno alla chiesa poi montammo in macchina per raggiungere al km. 14 della S.S. Flaminia il noto ristorante La fattoria dove era fissato il lauto banchetto .

Gli ospiti mangiarono, e bene . Noi un po’ meno , tanto che quella stessa notte tornati a Ladispoli, consumammo , oltre al matrimonio,  un’intera scatola di oro saiwa.

Il mattino dopo - non pretenderete mica che vi racconti come andò la prima notte di nozze? - salimmo sulla scattante Ford Fiesta e partimmo per la favolosa luna di miele. Una breve tappa nella capitale per assistere all’uscita di una nuova sposa dal portone di via dei Foscari, Stefania l’amica del cuore di Lety si sarebbe sposata quello stesso giorno, e via verso esotiche località e focose notti d’amore.

Lo confesso: non andò esattamente così.

Isole Haway , Mauritius o Canarie, luoghi d’incanto che all’epoca andavano per la maggiore, non erano alla  portata delle nostre tasche, pertanto la mappa del viaggio di nozze avrebbe seguito il più classico degli itinerari.

Dapprima ci saremmo recati a Venezia con una breve gita a Murano senza tralasciare di visitare Verona, poi tornando a discendere la Penisola avremmo raggiunto Firenze ,un salto a Pisa per visitare piazza dei Miracoli infine un’ultima settimana a Lamezia Terme ospiti degli amabili coniugi Ferraro .

Dopo un lungo e faticoso viaggio arrivammo nella romantica città lagunare quando il sole era ormai prossimo al tramonto ,lasciata l’auto esausta a Mestre raggiungemmo con il traghetto  il pontile dell’ Accademia dove si trovava l’America Hotel di via San Vio 628 con vista sul canale S.Vio e sul Canal Grande pregustando già un’ ardente notte di passione. Quando però, socchiusa la porta , osservammo dal vano dell’uscio la stanza capimmo subito -  non era necessario un elevato quoziente intellettivo -  che qualcosa non quadrava. Un culo da panico: ci avevano rifilato una camera con letti separati!

Eravamo troppo stanchi per incazzarci più di tanto così,  dopo aver  sistemato i bagagli,  accostammo le brande e unimmo le reti per darla giù alla grande quella notte stessa nonostante lo spiacevole inconveniente, ma prima provvedemmo ad azzittire  lo stomaco con una deliziosa cenetta a lume di candela in un tipico ristorante a due passi dalla pensione.

Tornati in albergo salimmo al piano, raggiunta la porta girai la chiave, incrociai le dita, mi fermai ancora un momento in corridoio per dar sfogo ad imbarazzanti flautolenze d’origine gastrica -  non so dirvi se provocate dai fagioli gustati poco prima o da un’inopportuna e  ingiustificata apprensione - quindi, seguito dalla mia sposa, varcai la soglia della stanza del peccato.

Un breve break in bagno per una sommaria pulizia di denti , ascelle e parti intime ad evitare un prematuro uxoricidio attraverso inalazione di gas letali infine, controllata l’artiglieria, mi assicurai  che, nonostante le abbondanti libagioni, non sarebbe stato necessario il wonderbra per tenerlo su e ,rinfrancato ,mi gettai impavido nella mischia.

Il mattino successivo i proprietari dell’albergo tentarono di farsi  perdonare l’inammissibile errore offrendoci oltre ad una nuova e più consona sistemazione - si narra che, avuto sentore della particolare esuberanza dello sposo,abbiano dotato la rete di opportuni rinforzi  -  anche una bottiglia di champagne seppellita sotto una candida coltre di ghiaccio secco per brindare al travolgente match di ritorno previsto in serata.

O era solo spumante?

Non ho mai capito la differenza tra l’uno e l’altro.

Forse il prezzo?

Consentitemi una piccola divagazione per rendervi noto che proprio in quei giorni in via Gaspare Pacchiarotti, dove nel frattempo avevano traslocato Piero e Giuliana,  era stato appeso un secondo fiocco rosa.  Nasce Corinna, è il 3 maggio 1982, Piero rinuncia definitivamente al maschio e appende il preservativo al chiodo.

La magnifica Piazza San Marco a Venezia , gli incantevoli scorci medievali della città scaligera, il caratteristico ponte Vecchio adagiato sull’Arno emblema del capoluogo toscano ,la torre pendente a Pisa, un viaggio fantastico al fianco della mia dolce mogliettina, straordinario, meraviglioso,impareggiabile  ma soprattutto “unico”, da allora infatti non sono più riuscito, a parte un paio di puntatine in Calabria e qualche breve periodo di ferie in Abruzzo o sulla costa tirrenica, a farle varcare il biondo Tevere.

Sta piuttosto ‘ncazzata la signora e con ragione.

E’ vero nun c’è ‘na lira, ma  so’ pure parecchio pantofolaro!

Che volete? Non ho certamente il pedigree del viaggiatore incallito, ad un grafomane come me piace viaggiare con la fantasia e visitare luoghi e tempi già vissuti affidandosi ai sicuri tasti di un personal computer anziché salire su scomodi treni , pericolosi aeroplani e oscillanti navi da crociera immerse in un mare tenebrosum  e finire magari finis terrae .

Dai recessi della memoria affiorano altri ricordi, chissà se serviranno a lasciar tracce del mio passaggio su questa terra?

Caustico! Epico! Spaventosamente cazzuto!

Il viaggio terminò,le stagioni tornarono ad alternarsi, rientrati alla base  cominciò per noi una nuova vita fatta di alti e bassi - di bassi ne ricordo parecchi, di alti  in verità pochini - al dieci del mese lo stipendio era già finito e si tirava avanti mangiando uova, patate e carriolate di pastasciutta fino al ventisette.